Una giornata dove per lunghi tratti la pioggia ha smesso. E questo è stato un segnale positivo, anche se permangono problemi e difficoltà nelle tendopoli. Ma la pioggia sta causando grossi danni anche nel teramano. Mi sembra di trovarmi tra l’incudine e il martello. Molte strade vicino casa mia che percorro spesso sono crollate, i fiumi ingrossati, in molti punti straripati. Addirittura sono stati evacuati da alcuni campeggi gli aquilani che si erano rifugiati sulla costa dopo il terremoto.
Perché tutto questo è la domanda che si pone la gente. Una situazione drammatica, che rischia di mettere definitivamente in ginocchio l’economia di mezza regione. A L’Aquila è stata una giornata di stasi. Non ci sono stati grandi cose da raccontare. Se la pioggia la ricordo da bambino, quando andavo in vacanza da mia nonna nelle montagne del bergamasco, perché si vedevano le lumache uscire alo scoperto, qui ha l’effetto contrario. Tutti rinchiusi dentro le tende, voglia di fare nulla, cercando di coprirsi per difendersi dall’umidità e dal freddo. Gli unici che imperterriti si muovono sono gli uomini della Croce rossa e i tanti volontari che assistono anziani e malati. Una città ferma, bloccata.
Ci si muove solo a livello politico, con i grandi preparativi per l’appuntamento di domani mattina con il Consiglio dei Ministri. Un argomento di attualità che è diventato discorso comune di tutti, anche di chi forse non ha mai preso in mano un giornale in vita sua. «Speriamo che arrivino i soldi», dicono in molti. «Se ci danno i soldi si riparte». Un discorso che trova pochissime persone a contraddirlo. E’ Luca, un ragazzo che ho conosciuto alcuni giorni fa, di Treviso, volontario in un campo che aveva pensieri diversi. «I soldi serviranno, ma servirà il lavoro di ogni uomo, la propria volontà di confrontarsi con il reale e impegnarsi per cambiare lo stato dei fatti. Solo attraverso il lavoro di ciascuno questa città può rinascere. Potranno arrivare fiumi di soldi, ma se non c’è l’impegno si perderanno in mille rivoli. Tutti, anche i politici devono lavorare come persone per le persone. Altrimenti nulla sarà realizzato».
In compenso ho cercato di ripartire il prima possibile. Mio figlio Alessandro mi reclamava. Era il suo compleanno e pretendeva il papà, che in questi giorni ha visto poco, almeno per la torta, alla fine della festa. La scoperta bella è stata quella di vedere il bene che gli vogliono i suoi compagni di classe, la sua capacità di saper stare con tutti, quasi a consigliarli, a stimolarli, ad essere presente. Mi sono sentito fiero ed emozionato. E per un attimo ho dimenticato terremoto e alluvioni.
(Fabio Capolla – Giornalista de Il Tempo)