Probabilmente, il presidente del Copasir, già premier e ministro degli Esteri, ha calcolato male le sue mosse. Il contesto, è rappresentato dalla competizione per le primarie. Si sa bene come la pensa Renzi: l’anziana dirigenza del Pd va archiviata. Questo, in sintesi, è il suo pensiero politico preminente. Ne ha fatto il suo cavallo di battaglia e motivo di frizioni e dissapori in seno al partito. Tutti sanno, infatti, che sia che vinca Bersani, cosa più probabile, sia che vinca Renzi, la questione, prima o poi, si riproporrà. Nei giorni scorsi, Veltroni, aveva deciso di giocare d’anticipo. Manifestando la volontà di non ricandidarsi alle prossime elezioni. Un trascorso da segretario del partito, da candidato sconfitto contro Berlusconi, da sindaco di Roma e da parlamentare in svariate legislature, gli è sembrato più che sufficiente. Ha fatto sapere, incurante delle ironie che il suo annuncio susciterà, che realmente potrebbe dedicarsi all’Africa. In seguito, è stato la volta di Castagnetti, Marini e D’Ambrosio. Neppure loro si ricandideranno. Il che, a creato un precedente grosso come una casa per il vero bersaglio di tutte le critiche di Renzi. Ovvero, Massimo D’Alema. Che, per sfuggire alla trappola, aveva fatto presente che se in passato avesse ragionato sull’opportunità di candidarsi o meno, ipotizzando un passo indietro, ora, data la ferocia di Renzi nel chiederne la rottamazione, il passo indietro non lo avrebbe fatto. Poi, la parziale smentita. D’Alema, nei giorni scorsi aveva fatto sapere che si sarebbe messo a disposizione del partito. E che si sarebbe candidato solo se glielo avessero chiesto. Non pensava, così facendo, di farsi un clamoroso autogol. Pierluigi Bersani, infatti, leader del Pd, intervenendo sul video forum di Repubblica, ha detto: «Io non chiederò a D’Alema di candidarsi. Io non chiedo a nessuno di candidarsi». Sottolineando come la questione del passo indietro non l’abbia posta Renzi, bensì tutti coloro che secondo il sindaco di Firenze andrebbero rottamati, e ben prima di lui, ha spiegato che si limiterà ad applicare le regole.
Quindi, chi ha più di quindici anni di Parlamento, non potrà ricandidarsi. Salvo richiedere singolarmente una deroga alla direzione nazionale. Poi, in ogni caso, ha precisato: «Quel che non è accettabile è che ci sia qualcuno che dica “tu sei il ramo secco, tu sei il motorino da rottamare”. Cambiare sì, rottamare no».