Gianfranco Fini ha chiuso ieri la seconda edizione della tradizionale festa di Mirabello da ex pidiellino. Nella città ferrarese, sede storica delle feste del Msi prima e di An poi, il Presidente della Camera è intervenuto al termine di una kermesse molto lunga e ricca di dibattiti.
Chi, tra i nemici e tra gli amici, si aspettava un “passo indietro” per avere le “mani libere” è rimasto però deluso. Fini resterà infatti sulla poltrona più alta di Montecitorio. «Il nostro partito è una macchina che ti chiede di metterti al comando e condurla al traguardo», aveva detto il fedele Italo Bocchino pochi minuti prima che il leader di Futuro e Libertà potesse prendere la parola. «Fermo restando il mio dovere di imparzialità come presidente della Camera non c’è dubbio alcuno che ci incontreremo sempre più nelle piazze, ovunque si possa ridare forza al popolo di centro-destra», ha però dichiarato Fini all’inizio del suo intervento.
Essere la terza carica dello Stato pone però dei limiti all’azione di un leader. Questo è stato evidente tra gli stand della festa quando l’ex delfino di Almirante e poi di Berlusconi ha ritenuto di non firmare il referendum per l’abrogazione del Porcellum. La pensa così anche uno dei falchi più combattivi di Fli, Fabio Granata: «Dobbiamo tornare alla nostra strategia dell’anno scorso. Quando, di questi tempi, la nostra sfida al berlusconismo ci portò sopra l’8 per cento nei sondaggi. Con una differenza. Nel 2010 il tema era che Fini doveva rimanere in sella per far dimettere Berlusconi. Adesso è probabile che le dimissioni di Gianfranco accelerino la caduta del Cavaliere». Granata (così come i militanti di Fli che si sono chiaramente espressi in un sondaggio) sembra però destinato a doversi accontentare.
Per il resto, nel discorso di Gianfranco Fini non sono mancate le seppur scontate critiche a Silvio Berlusconi. «Non siamo pentiti – ha dichiarato Fini – di quel dito puntato» perchè l’aver lasciato il Pdl «non è stato un sabotaggio nei suoi confronti ma un atto d’amore nei confronti dell’Italia». «I fatti ci hanno dato ragione», ha proseguito il Presidente della Camera puntando il dito contro l’esecutivo Berlusconi, reo di non aver fatto nulla per rafforzare la «coesione sociale, anzi favorendo gli egoismi geografici e gli interessi particolari rischia di trasformare l’Italia in un paese dove tutti sono contro tutti».