A pochi giorni dall’esito elettorale Pd e Pdl sono alle prese con le prime scosse di assestamento di un quadro politico – pur semplificato nel numero degli attori in gioco, sia per quantità di soggetti politici che per numero dei protagonisti di lungo corso (un parlamentare su 4 è al suo primo mandato) – che con qualche piccolo scossone si tara su nuovi e definitivi equilibri.
I sassolini nelle scarpe
La causa del primo scossone di assestamento per il premier “in pectore” Silvio Berlusconi sono le dimissioni anticipate (il mandato sarebbe scaduto tra un anno) del commissario europeo Franco Frattini destinato per bocca dello stesso Cavaliere alla Farnesina. Sulla nomina del suo successore, infatti, è scoppiata rapidissima la querelle con il premier uscente Romano Prodi. Il tempo è tiranno e il parlamento europeo deve contare sulla nomina di un eventuale sostituto in tempi che non permetterebbero formalmente al nuovo governo di effettuarla, da questo la richiesta a Prodi di una “cortesia istituzionale” che però troppe ruggini sembrano rendere poco probabile complicando non poco il puzzle della formazione del nuovo esecutivo. D’altro canto Romano Prodi, che per tutta la campagna elettorale si è tenuto distante dalla scena, ha comunicato durante il suo recente viaggio negli Stati Uniti la decisione di dimettersi dalla presidenza del Pd, aprendo anche per Veltroni un fronte di cui il leader del maggiore partito d’opposizione aggiungendo la grana della nuova presidenza a quelle (previste) sulla nomina dei capigruppo.
I mal di pancia degli alleati
Dopo l’abbuffata di voti fatta da Italia dei Valori e dalla Lega Nord, probabilmente qualche mal di pancia era da mettere in conto ed è quel che sembra avere specialmente Antonio Di Pietro, entrato in rotta di collisione con Veltroni perché «43 parlamentari – dice il leader di Idv a proposito della formazione di un gruppo parlamentare unico con il Pd – non possono essere semplicemente annessi». A irritare terribilmente l’ex Pm è l’ipotesi di un accordo con l’Udc di Casini (e Cuffaro) per organizzare un’opposizione organica arrivando alla formazione di un governo ombra. «Se mettono lui (Totò Cuffaro ndr) guardasigilli del governo ombra io dico no» e poi, aggiunge Di Pietro in conferenza stampa: «A quale gruppo europeo intende aderire il Pd? Noi dell’Idv infatti riconfermiamo la nostra appartenenza a quello dell’ Ldr». Se sono forti quindi le pressioni su Veltroni, anche Berlusconi però deve fare i conti nella formazione del Governo (non ombra, quello vero) con un Umberto Bossi quanto mai determinato e forte di un risultato che per alcuni commentatori è addirittura storico. Il leader del Carroccio, infatti ha giudicato «inutile» il recente vertice sulla nomina dei ministri e ha specificato che da ora in avanti la Lega parlerà solo con Silvio Berlusconi. Idee chiarissime quindi, per il senatur: quattro ministri alla Lega e tempi rapidi per la formazione della squadra di Governo. Talmente rapidi che Berlusconi deve ricorrere – stando ad alcune dichiarazioni che provengono da ambienti del Carroccio – alla sponda della correttezza formale verso il Capo dello Stato (che ancora non ha affidato l’incarico a Berlusconi di formare il nuovo governo) per guadagnare giorni preziosi.
I duelli annunciati e i richiami dal Colle
Così, pur presi a rintuzzare i malumori sul fronte interno, la sfida Veltroni –Berlusconi prosegue, anzi si materializza anche più che in campagna elettorale, sul tema che negli ultimi anni è diventato il classico motivo di contesa post elettorale: l’elezione dei presidenti delle Camere. «Chi vince – ha detto infatti in più occasioni Berlusconi – deve avere almeno due cariche apicali. La presidenza della Camera e del Senato andranno a noi». E su questo non si è detto disponibile a cambiare posizione. Di rimando Walter Veltroni si è detto molto negativamente colpito dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi definendole «affermazioni che non fanno vedere un buon inizio», richiamando il leader del Pdl a raccogliere l’invito al dialogo per affrontare i nodi della riduzione del numero dei parlamentari, del superamento del bicameralismo e della riforma della legge elettorale (che però alla luce dei risultati di netta governabilità conseguiti taluni cominciano a non ritenere più così urgente). A richiamare i due leader al dialogo, interviene però il Capo dello Stato, ricordando lo spirito dei padri costituenti, realmente capaci di superare gli steccati ideologici non già per riformare, ma per scrivere la carta che costituisce il fondamento dello Stato italiano.
Le voci di corridoio
Dialogo auspicato dunque, ma che non sembra concretizzarsi, almeno alla luce del sole. Alcuni giornali, infatti, hanno riportato la notizia di un incontro segreto tra il leader del Pd e quello del Pdl a cui Berlusconi, Veltroni, come i loro portavoce hanno opposto secche smentite. «Ma quale incontro, ma quando, ma dove?» si è chiesto ironicamente Bonaiuti, «Di solito Veltroni mi informa se avvengono questi incontri; io non ne so nulla, quindi suppongo che l’incontro non ci sia stato» gli fa eco il coordinatore del Pd Goffredo Bettini. Ma non basta: «non ho incontrato veltroni né ieri né nei giorni scorsi» ha detto Berlusconi, «Non so da dove siano venute fuori queste voci ma sono delle balle spaziali» ha ribadito il concetto Veltroni. Almeno su questo tutti d’accordo…