Tra realtà e percezione. Il molto “cool” Yanis Varoufakis fa un passo indietro e il molto “british” Efklidis Tsakalotos entra in scena nel tessere i rapporti con i tecnocrati europei. È cambiata la forma, ma non la sostanza. Ma almeno è stato un colpo d’ingegno a uso mediatico. “Le trattative le fanno le idee e non gli uomini”, ha chiarito, in una lunga intervista terminata nelle prime ore di ieri, il primo ministro Alexis Tsipras. Tanto per chiarire. Da tempo, alcuni compagni, di fronte alle rigidità europee, gli avevano suggerito di prendere una “iniziativa politica” per uscire dal vicolo cieco. Ecco fatto: ha “promosso” Varoufakis a coordinatore politico delle trattative, e ha richiamato in servizio attivo Tsakalotos. Ma questa iniziativa non indica, in alcun modo, un cambio di strategia o un ammorbidimento delle posizioni elleniche.
Indubbiamente gli errori commessi da Varoufakis sono tanti. Dalle troppe interviste (irritante quella rilasciata al settimanale patinato “Paris Match”) alle dichiarazioni contrastanti, ma si può essere certi che fosse il megafono – magari debordante – del governo Tsipras. Non ha agito cioè “a sua insaputa”, ha semplicemente eseguito gli ordini di scuderia, fondendoli con le sue teorie del “gioco del pollo” e quant’altro possa teorizzare un “marxista libertario” (si veda il suo ultimo libro edito da Rizzoli, “È l’economia che cambia il mondo”). Ha comunque raggiunto lo scopo di portare sulle prime pagine dei quotidiani internazionali i problemi della Grecia e le intenzioni del governo di sinistra.
Prima della formazione del governo, Tsakalotos era dato per favorito per il ministero delle Finanze, ma i suoi modi “british” più che le sue idee di politica economica, lo hanno svantaggiato. Aveva comunque rimediato una carica ministeriale che non ha mai esercitato. E la scelta di Varoufakis, quale testa di ariete, era già un indice di come Tsipras avesse tracciato la sua linea strategica per i primi colloqui con i creditori e per le successive trattative. “All’Eurogruppo c’è un clima negativo – ha confessato il premier nell’intervista -. E la sostituzione di Varoufakis è motivata anche dal fatto che i partner preferiscono un interlocutore più malleabile”. Il governo Syriza era “inesperto”, ha ammesso, ed è stato “ingannato” dalle altri parti al tavolo. “Il governo Samaras ci ha lasciato un’eredità tossica fatta di casse vuote e ultimatum da rispettare. L’Europa ci ha mentito: avevano garantito che dopo l’accordo del 20 febbraio avrebbero liberato le mani alle banche consentendo loro di investire di più nei titoli di stato e non l’hanno fatto”.
Bene, la percezione del “commissariamento” (definizione comunque impropria) di Varoufakis, che non ha protestato, è servita allo scopo. La Borsa di Atene ha fatto un balzo non indifferente e ha segnato dei forti rialzi dei titoli bancari, già protagonisti di forti speculazioni al ribasso. Gli europei hanno tirato un sospiro di sollievo al pensiero di non dover pil fare i conti con la sua “instabilità creativa”. Alcuni hanno commentato che la messa a riposo di Varoufakis sia il prezzo pagato da Tsipras a dimostrazione della buona volontà di arrivare a un accordo con i creditori. Ma in questa fase delle trattative – senza un nulla di fatto – il vero sconfitto è lo stesso primo ministro che finora non è riuscito a rompere l’assedio dei creditori e imporre la sua “soluzione politica” che scavalchi la cruda realtà dei numeri.
E infatti la realtà ci informa che è pronto un disegno legge omnibus che domani dovrebbe essere discusso nel consiglio dei ministri e che contiene alcune riforme che facevano parte della famosa “lista Varoufakis”. Un progetto a costo zero, ma che dovrebbe portare nelle casse statali centinaia di milioni di euro e mettere ordine nella struttura della Agenzia delle Entrate. Ovviamente non prevede alcun riferimento alla riforma delle pensioni e del mercato del lavoro. Queste due, accompagnate dalle privatizzazioni e aumento dell’Iva nelle isole, sono oltre la “linea rossa” e verrebbero discusse a fine giugno quando dovrà stabilire l’entità di un nuovo finanziamento del Paese.
Sotto un certo aspetto è una scelta politica che serve ancora a guadagnare tempo. A quale scopo, quando le casse sono tragicamente vuote? Per questa ragione, afferma Tsipras, “è necessario arrivare a un accordo in tempi stretti”. Quando? “Siamo vicinissimi a un’intesa di base. Spero al più tardi entro la fine della prossima settimana, termine ultimo il nove maggio”. Due giorni prima, non a caso, della scadenza di un prestito da 750 milioni con il Fmi che la Grecia, secondo molti osservatori, avrebbe difficoltà a pagare.
I prossimi dieci giorni saranno cruciali per Tsipras. “Siamo lontani ancora su privatizzazioni, lavoro e pensioni – ha precisato -. Se alla fine le condizioni poste saranno oltre la ‘linea rossa’ che ci siamo dati con il programma elettorale convocheremo un referendum”. Non elezioni, dunque, ma una consultazione popolare, malgrado i dubbi dei costituzionalisti secondo cui la Carta ellenica non prevede ipotesi di questo tipo per leggi di bilancio. E ha continuato a suonare lo stesso motivo sulle note di critiche durissime a creditori e opposizione salvando solo Angela Merkel: “Ora che l’ho incontrata ho capito perché è leader da così tanto tempo”. Sembra una strusciata, ma va anche bene perché forse il più sicuro alleato di Tsipras è proprio Frau Merkel.
Per questo senso di persecuzione non c’è la prova concreta, tranne l’unanime constatazione che la Grecia sta perdendo tempo. Tsipras continua a sbagliare nelle sue analisi. Perfino il premio Nobel Paul Krugman, che continua a difenderlo, nella sua colonna sul New York Times invita i greci a sbarazzarsi delle teorie del complotto: “Non è vero – scrive Krugman – che dall’altra parte del tavolo negoziale c’è un blocco solido di creditori implacabili e decisi a far fallire un governo di sinistra, anche a costo di un default e di un’uscita dall’euro; c’è più buona volontà dall’altro lato del tavolo di quanto i greci credano”. Ma la teoria del complotto paga qui ad Atene: fa ricadere le responsabilità sugli altri e alimenta lo “spirito indomito” dei greci, parola del grande musicista Mikis Theodorakis.