«Occorre sconfiggere gli intrecci di interessi corporativi che in più modi opprimono il Paese. È questa una condizione essenziale per unire solidarietà e merito, equità e concorrenza, per assicurare una prospettiva di crescita al Paese»: lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Mario Draghi, nel corso della sua ultima relazione prima di esser nominato presidente della Bce. Draghi parlando della nostra economia «insabbiata», ha sottolineato come non sia ormai avviata verso un «declino ineluttabile», ma che per il rilancio è necessario che gli sforzi siano concentrati per «tornare alla crescita». La quale, a sua, volta, non dipende solamente da fattori economici, ma, ancor più «dalle istituzioni, dalla fiducia dei cittadini verso di esse, dalla condivisione di valori e speranze». Nel merito, ha spiegato che, al momento, non è possibile ridurre gli investimento o aumentare le entrate. E, quindi, obbligatorio, ridurre la spesa per la gestione pubblica «di oltre il 5 per cento in termini reali nel triennio 2012-14, tornando, in rapporto al Pil, sul livello dell’inizio dello scorso decennio». Non è tuttavia, «consigliabile – ha precisato – procedere a tagli uniformi in tutte le voci». Questo, infatti, penalizzerebbe le amministrazioni virtuoso e «inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia, fino a sottrarle circa due punti di Pil in 3 anni». In uno dei passaggi più significativi, ha chiesto «una manovra tempestiva, strutturale, credibile agli occhi degli investitori internazionali, orientata a favore della crescita», che potrebbe, «anche mediante una significativa riduzione dei premi al rischio che gravano sui tassi d’interesse italiani, sostanzialmente limitare gli effetti negativi sul quadro macroeconomico». Tale manovra, secondo Draghi, andrebbe attuata già a giugno.
«Appropriati – ha detto – sono l’obiettivo di pareggio del bilancio nel 2014 e l’intenzione di anticipare a giugno la definizione della manovra correttiva per il 2013-14». Altro tema fondamentale affrontato da Draghi, la riforma del nostro sistema di istruzione, «già in parte avviata, con l’obiettivo di innalzare i livelli di apprendimento, che sono tra i più bassi nel mondo occidentale anche a parità di spesa per studente».
A quanto si apprende dalle valutazioni dell’Ocse, «il distacco del sistema educativo italiano – continua Draghi – dalle migliori pratiche mondiali potrebbe implicare a lungo andare un minor tasso di crescita del pil fino a un punto percentuale». Anche i ritardi della giustizia civile, secondo il numero uno di Bankitalia, possono pesare fino a un punto di Pil all’anno e vanno risolti alla radice. Il fisco, infine: «Andrebbero ridotte in misura significativa le aliquote, elevate, sui redditi dei lavoratori e delle imprese, compensando il minor gettito con ulteriori recuperi di evasione fiscale, in aggiunta a quelli, veramente apprezzabili, che l’amministrazione fiscale ha recentemente conseguito».