Tanti i leader, da tutti gli angoli del pianeta, che hanno risposto al richiamo delle Nazioni Unite per dire ad una voce sola che è tempo di agire e che gli 862 milioni di persone a cui è negato il diritto al cibo sono un insulto intollerabile per l’umanità. Ma – almeno per questa prima giornata di lavori – al vertice della Fao sull’emergenza alimentare si sono sentite solo parole.
Per i fatti però si attende, fiduciosi, giovedì prossimo, la dichiarazione finale che elaboreranno le 183 delegazioni che partecipano al summit. Ad essa l’arduo compito di sciogliere gli spinosi nodi delle politiche protezionistiche dei paesi industrializzati che hanno distorto i meccanismi del mercato e di raggiungere un ampio consenso sul tema dei biocarburanti, accusati di togliere cibo per consentire di fare il pieno di benzina.
Gli interventi dei leader – Il Presidente della Repubblica Napolitano ha detto che «non si può, per superare la crisi alimentare e garantire una prospettiva di reale food security, fare affidamento sulle virtù riequilibratrici del mercato», mentre il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon ha ricordato che «il mondo ha bisogno di produrre più derrate alimentari: occorre aumentarle del 50% entro il 2030 per far fronte allo sviluppo della domanda».
E ancora, l’invito alle «scelte coraggiose» e allo stop degli «sprechi» da parte dei Paesi ricchi lanciato dal direttore della Fao, Jacques Diouf: «L’importante oggi è capire che non è più il momento delle parole, ma è arrivato il momento dei fatti», cui ha fatto eco il Premier Silvio Berlusconi: «È tempo delle azioni, non delle parole».
Tra tutti gli interventi, anche quello del leader dell’Iran Ahmadinejad che non ha risparmiato colpi: ha sparato sulla stessa Fao proponendo in sostanza di rimpiazzarla con «un organismo indipendente e dotato di ampi poteri», cui «devono rispondere tutti i paesi del mondo» e in grado di gestire «con equità» il mercato dell’alimentare e di gestirne tutti i passaggi, «dalla produzione al consumo». Ha reiterato la necessità di far «sparire» Israele dalle mappe geografiche «nell’interesse della stessa Europa» ed ha denunciato nel campo dell’energia «evidenti ed irresponsabili interferenze» da parte di mani visibili e non che controllano in modo «menzognero» i prezzi allo scopo di perseguire i loro intenti politici ed economici.