Sono ore di febbrile attesa e di incertezza. Dopo che la Grecia ha presentato il suo nuovo piano, oggi si riunisce l’Eurogruppo e il Premier italiano Renzi ha ipotizzato che si potrebbe già arrivare già a un accordo. Per alcuni paesi, come la Francia, in effetti, il piano di Atene è soddisfacente, ma per altri, come la Lituania, non è abbastanza. Dunque tutto potrebbe anche slittare al vertice dei 28 Capi di stato di domani. Ciò nonostante Tobias Bayer, corrispondente in Italia del Die Welt, in questi giorni in Germania, resta ottimista.
In una precedente intervista si era detto convinto che un accordo Grecia-creditori si sarebbe trovato, ma all’ultimo momento. Ne è ancora convinto vista l’incertezza di queste ore?
Sì, ci credo ancora. Mi pare che la Grecia e i creditori si stiano avvicinando. Atene ha presentato nuove proposte di riforma, il ministro Varoufakis, personaggio molto controverso, è stato messo fuorigioco. I creditori, invece, cominciano a parlare di una ristrutturazione del debito. Anche il ministro delle finanze tedesco, Wolfgang Schauble, sembra più disponibile a un compromesso. Scommetto su un accordo all’ultimo momento. Sono e rimango ottimista.
Come potrebbe essere questo accordo?
Non sono in grado di dare una risposta precisa. Seguendo il dibattito in Germania, leggendo i commenti dei giornalisti, le interviste ai politici, credo che i tedeschi vogliano vedere una proposta della Grecia che contiene numeri e una tempistica chiara. Le singole misure, per esempio l’aumento dell’Iva per le isole greche, sono secondari.
Quanti soldi bisognerebbe concedere alla Grecia?
Sinceramente, non lo so. Soltanto una cosa è abbastanza certa: un taglio del debito è da escludere. Sarebbe per i tedeschi, per esempio per Schauble, una violazione dei trattati europei e del principio “no bail-out”.
I tedeschi come vedono la situazione? Temono un’uscita della Grecia dall’euro? O, viceversa, credono che sia meglio lasciare che Atene vada per la sua strada?
I conservatori si lamentano per la violazione delle regole europee e vedrebbero una zona monetaria senza la Grecia. Soprattutto economisti come Joachim Starbatty e Bernd Lucke, il fondatore del movimento “Alternative fuer Deutschland”, sono contro ulteriori aiuti ad Atene. Invece, un filosofo come Jürgen Habermas critica la Troika, sostenendo che si deve presentare non soltanto come creditore, ma anche come ente politico. In sintesi, la Germania non è un monolito: si sentono tantissime voci, un canto polifonico.
Se la Grecia – ha ricordato Tsipras – si trova in questa situazione è anche perché ha applicato una ricetta di austerità, tanto cara alla Germania, che ha depresso l’economia…
Questo dibattito “austerità versus crescita” mi annoia. È un discorso sterile, è completamente fermo da anni. È come se ci si chiedesse se sia nato prima l’uovo o la gallina. Economisti tedeschi come Clemens Fuest, il presidente dell’Istituto Zew a Mannheim, sono convinti che un bilancio pubblico sano è la condizione per la crescita. Altri, invece, come Paul Krugman, Joseph Stiglitz o Jean-Paul Fitoussi, sostengono che la crescita è la condizione per un bilancio pubblico sano. La “Ordnungspolitik” tedesca, che si basa su istituzioni forti, burocrazia efficiente e assenza di monopoli, cozza contro il “deficit spending” americano, che si basa su stimoli fiscali, più debito e una politica monetaria con tassi di interesse più bassi. Direi che tutti noi, gli ossessionati della disciplina, ma anche i discepoli della crescita, dovremmo essere meno ideologici.
Quanto sta accadendo apre una riflessione sul futuro dell’euro. Secondo lei, deve restare così com’è?
L’Eurozona non può restare com’è. Da più di 5 anni vacilla tra un’emergenza e l’altra. Il problema che si pone non è soltanto economico, ma è sopratutto politico. La parola chiave è sovranità. L’Eurozona era prevista come un’unione monetaria fra paesi sovrani vincolati da alcune regole comuni (come quelle su deficit e debito). Questo modello è fallito: adesso, infatti, un Paese creditore come la Germania è chiamato a salvare la Grecia; e un Paese debitore come la Grecia è chiamato a obbedire a un ente come la Troika che s’immischia nella vita quotidiana dei cittadini greci.
Come si può cambiare la situazione?
Esistono due vie d’uscita: 1) un’integrazione più forte fra i membri dell’Eurozona, con una mutualizzazione del debito, con trasferimenti dai paesi forti ai paesi deboli e con una certa perdita della sovranità nazionale; 2) una rottura fra blocchi più omogenei. Personalmente, preferirei la prima soluzione, perciò un’integrazione più forte. Una spaccatura potrebbe avvelenare i rapporti fra i paesi europei, equivarrebbe al fallimento del progetto europeo.
(Lorenzo Torrisi)