“E’ in corso una campagna terroristica verso la Grecia che condizionerà pesantemente una popolazione provata da quattro anni di sacrifici. L’obiettivo è fare fuori il governo Tsipras reo di avere affermato l’interesse nazionale del suo Paese e del suo popolo”. Sono le parole di Stefano Fassina, deputato da poco fuoriuscito dal Pd, che oggi sarà ad Atene nella sede di Syriza nel giorno del referendum sugli accordi con Ue, Bce e Fmi.
Onorevole Fassina, che cosa ha da rimproverare a Germania e Italia per quanto riguarda la gestione della crisi greca?
L’ostinata negazione dei dati di realtà. L’agenda liberista fondata sulla costante svalutazione del lavoro che si continua a imporre nell’Eurozona non funziona né in Grecia né altrove. Tutto ciò sta portando l’Europa alla deflazione, all’aumento della disoccupazione e a debiti pubblici sempre meno sostenibili. Invece di cambiare la medicina che aggrava la malattia, la discussione si è concentrata sul malato indisciplinato.
Lei mette Renzi e la Merkel sullo stesso piano?
Evidentemente le responsabilità sono diverse, innanzitutto perché la Germania è il dominus. L’errore di Renzi è stato quello di appiattirsi su Berlino, con una posizione che danneggia gli interessi italiani. La cura che si è rivelata insostenibile per la Grecia è la stessa, sia pure con dosi meno pesanti, che viene somministrata all’Italia. Il governo Renzi invece punta a sopravvivere, cercando di fare lo scolaro disciplinato. Ma l’agenda liberista che continua a dominare l’Europa è sinonimo di svalutazione del lavoro, stagnazione e debito pubblico insostenibile.
Lei come prevede che vada a finire il referendum?
Non so come finirà, ma sono certo del fatto che il Memorandum contiene un programma intollerabile. Se lo rapportassimo al Pil italiano, comporterebbe una manovra da 70 miliardi di euro in 12 mesi e la conseguenza sarebbe una depressione profonda. Ci sarebbe non soltanto il blocco di tutte le pensioni, ma l’ulteriore riduzione di pensioni che sono già state tagliate in media del 35%. Vorrei sottolineare il fatto positivo di un governo che per la prima volta mette in discussione l’ordine tedesco che vige in Europa, ed è colpito per queste ragioni. E’ in corso una campagna terroristica verso la Grecia, che condizionerà una popolazione provata da quattro anni di sacrifici. L’obiettivo è fare fuori un governo che ha affermato l’interesse nazionale del suo Paese e del suo popolo.
Se perde, Tsipras sarà sfiduciato?
E’ evidente che una sconfitta a un referendum è un colpo pesante. L’attuazione del programma previsto nel Memorandum comporta un aggravamento dei problemi e il fatto che nell’arco di poco tempo si proporrà ancora una volta una correzione di rotta rispetto a una ristrutturazione pesante del debito.
Andiamo verso un commissariamento soft della Grecia?
L’obiettivo della Germania e dell’Eurogruppo nei confronti di Tsipras è certamente ripetere quanto fu fatto nel 2011 nei confronti di Papandreu. Allora un governo eletto democraticamente fu sostituito da un maggiordomo per fare interessi che non sono certamente quelli del popolo greco.
Lei domenica sarà in piazza ad Atene. Con quale obiettivo?
Esprimere solidarietà al popolo greco e al governo Tsipras, lasciati soli dall’intera famiglia socialista europea. Vogliamo anche guardare all’interesse dell’Italia, perché è evidente che quanto succede in Grecia per noi è molto rilevante. Il programma che si vuole imporre ad Atene è lo stesso che vige per l’Eurozona. Non funziona per la Grecia, e come è evidente non funziona neanche per noi. L’interesse a una radicale correzione di rotta in Grecia è lo stesso che abbiamo in Italia, anche se purtroppo il governo Renzi non coglie questo aspetto. Anzi continua ad affidarsi a ricette fallimentari per la ripresa che purtroppo senza un cambiamento radicale di rotta non arriverà.
Da Atene alla convention di ieri, al teatro Palladium di Roma. Qual è il filo conduttore che lega i due eventi?
Vogliamo dare risposte al mondo della scuola, che è stato pesantemente colpito dalla riforma Renzi-Giannini, e al mondo del lavoro cui sono state sottratte le ultime tutele, senza nessun intervento per estendere il welfare ai lavoratori precari.
E’ la stessa ricetta imposta dalla Germania alla Grecia?
In un certo senso sì. Noi intendiamo raccogliere le domande di chi non ce la fa e di quella larga parte di popolo democratico che, come abbiamo visto a partire dalle elezioni in Emilia-Romagna e poi dalle amministrative del 31 maggio scorso, non considera più il Pd come il suo punto di riferimento. Un popolo che si astiene in massa oppure sceglie altri partiti. Noi vorremmo riportare quel pezzo di popolo democratico a sperare e a combattere per il lavoro, la giustizia sociale, un ambiente migliore e il riscatto dalla povertà.
(Pietro Vernizzi)