Mario Monti aveva promesso che il pacchetto sulle liberalizzazioni avrebbe trascinato il Paese fuori dalla sacche della crisi, modernizzato il sistema, ridato slancio all’economia. E, soprattutto, che avrebbe intaccato privilegi, benefit e rendite di posizione assunte negli anni a discapito dell’efficienza del paese, di praticamente ogni settore o corporazione. Per i primi punti, si dovrà aspettare, per vede quali effetti determineranno le misure messe a punto nel decreto, per quanto riguarda i privilegi, invece, si può tranquillamente affermare che di promessa inevase si tratta. Certo, notai, avvocati, farmacisti, tassisti e molti altri dovranno rinunciare a molto di quanto si qui ottenuto. Ma ci sono almeno cinque grandi settori che, nonostante l’impegno, non sono stati toccati o lievemente blanditi. Settori decisamente incisivi per la vita del Paese, la cui liberalizzazione effettiva e la spinta verso un regime di libera concorrenza avrebbe garantito probabilmente enormi risultati. Il Corriere della Sera individua nelle banche, nelle autostrade, nei treni, nel gas e nella benzina i cinque dietrofront del governo Monti. Si era parlato, ad esempio,delle ferrovie, ma la separazione tra la società che gestisce i binari, la Rete ferroviaria italiana, e quella che fa gestisce i treni, Trenitalia, non è stata mimicamente contemplata.
Per quanto riguarda del banche, salvo un invito ad alimentare la concorrenza tra i conti correnti, finora sono state introdotte unicamente delle misure finalizzate a implementarne le garanzie, come la copertura totale per le loro emissioni di obbligazioni. L’Eni, inoltre, sarà sì separata da Snam Rete Gas. Ma nessuno è intenzionato a cedere quote di Snam al mercato, che resterà dunque, saldamente, in mano statale. Per quanto riguarda le autostrade, benché si possa determinare un tetto massimo per l’aumento delle tariffe, il price cap, determinato da una serie di parametri internazionali, il governo ha preferito continuare a consentire al gestore privato di aumentare a dismisura, ottenendo lauti guadagni. Non solo: il price cap varrà solo per i nuovi concessionari.
E, considerando che l’attuale concessione vale sino al 2038, ci aspettano ancora 26 anni di aumenti. I petrolieri, infine: si parlava della possibilità, per i benzinai, di rifornirsi dal migliore offerente, per calmierare i prezzi, spesso ingiustificati. E, invece, niente.