“Neppure il bombardamento mediatico di Renzie può nulla contro la realtà quotidiana che è sotto gli occhi degli italiani. E ora compariamo i dati delle regionali 2010 con quelli delle regionali 2014. Un dato per tutti: l’astensionismo non ha colpito il M5S”. Lo scrive Beppe Grillo sul suo blog, all’indomani del voto in Emilia-Romagna. Ne abbiamo parlato con Luis Alberto Orellana, senatore fuoriuscito dal M5S e adesso appartenente al gruppo misto.
Che cosa ne pensa dell’astensionismo alle Regionali in Emilia-Romagna?
Non è stato un calo di qualche punto percentuale, bensì un tracollo. Siamo finiti a -30%, e questo è veramente preoccupante. Ci possono essere delle attenuanti legate al fatto che siamo a fine novembre e che si è votato soltanto in due Regioni. L’Emilia-Romagna però in passato ha sempre avuto una grande affluenza al voto, e il fatto che questa arrivi al 37% fa impressione ed è anche preoccupante per la democrazia e la partecipazione nel nostro Paese.
Per Grillo l’astensionismo non ha toccato il M5S. Lei che cosa ne pensa?
Su questo non sono affatto d’accordo. Capisco che Grillo confronti il voto di domenica con le Regionali del 2010, ma nel frattempo il M5S aveva registrato un’evoluzione elettorale completamente diversa. Alle Politiche del 2013 aveva preso il 25% a livello nazionale e alle Europee di maggio aveva ottenuto il 21%. Ridursi al 13% è un peggioramento non indifferente.
Alle Europee, il M5S aveva preso 444mila voti nella sola Emilia-Romagna, alle Regionali di domenica 167mila…
Significa che tra maggio e novembre il M5S ha perso quasi due terzi dell’elettorato. Grillo dovrebbe farsi qualche domanda, evitando il confronto con le Regionali 2010 che ormai non ha più senso. Il voto del 2010 era stato il primo in cui il M5S era uscito dall’anonimato. Il M5S è uno dei gruppi più importanti in Parlamento e alle Politiche del 2013 si era classificato come il primo partito. Ritrovarsi con il 13% in Emilia-Romagna non è certo un risultato lusinghiero.
Grillo in questo momento ha o non ha una strategia politica?
Grillo non si è ancora ripreso dalla batosta delle Europee in cui aveva dato tutto, si era convinto di poter diventare il primo partito e invece non ce l’ha fatta. A quel punto Grillo ha fatto delle timide aperture al dialogo con il Pd, poi si è tirato nuovamente indietro e la sua posizione in Parlamento è diventata ancora più dura e per certi aspetti violenta. Quando si avvicinano le elezioni, Grillo pensa che il ritorno alla purezza originaria paghi, ma oggi non è più così perché gli elettori vogliono innanzitutto concretezza e risposte immediate.
Secondo lei che cosa dovrebbe fare Grillo?
La mia idea è sempre stata che il M5S dovesse dialogare, soprattutto sui temi attraverso cui si definiscono le regole del gioco. Ho valutato positivamente il fatto che durante l’estate il M5S abbia dialogato con il Pd sulla legge elettorale. Era un’ottima cosa e si potrebbe sempre riprovare a farlo, soprattutto su questioni importanti come le riforme costituzionali, la legge elettorale e la forma dello Stato. Tutti temi sui quali ci vorrebbe la partecipazione di tutti gli schieramenti politici, nessuno escluso. La chiusura del M5S rispetto a una libera discussione in Parlamento è diventato un atteggiamento inutile per il Paese e adesso anche controproducente per lo stesso movimento.
(Pietro Vernizzi)