Dalla Prima repubblica in avanti senza soluzioni di continuità, la gestione del patrimonio pubblico da parte degli enti previdenziali è ispirata ad una logica quasi sovietica. Inps, Inpdap, Inail ecc. dispongono di una catena di organi di vigilanza, direzione, contenzioso, coordinamento, gestione del patrimonio che assomiglia ad una rendita di posizione. Malgrado l’esistenza anche di preziose competenze, essi ospitano una manomorta di personale elevata al ruolo di manager con stipendi che sono più del doppio di quelli dei professori universitari alla fine della carriera.
Il valore di mercato dell’amministrazione di questi enti è dato dalla capacità di creare reddito. Purtroppo non sono mai stati in grado di far rendere l’enorme patrimonio immobiliare pubblico più del 2 percento. La magistratura della Corte dei Conti, quasi mai consultata preventivamente, è stata implacabile nel denunciare abusi e deficienze. Giulio Tremonti sei anni fa decise di fare piazza pulita alienando questo patrimonio con un massiccio programma di cartolarizzazioni (Scip 1 e Scip 2). Dopo 15 anni il ministro dell’Economia ha preso atto del loro fallimento e ha restituito la responsabilità degli immobili ai vecchi enti previdenziali.
Attualmente risultano vendute 74.926 delle 90.392 unità immobiliari, e al 28 febbraio 2009 restava un portafoglio residuo complessivo di 15.466 immobili vincolato alla dismissione immobiliare. Tommaso Padoa Schioppa aveva calcolato che il valore dell’invenduto si aggirasse intorno al 2,8 miliardi di euro. Forse un po’ meno. Né si può dimenticare l’incidenza che hanno i ritardi nell’andamento degli incassi.
Ormai l’invenduto coincide in gran parte con l’abusivismo delle aree urbane marginali (la polpa dei centri storici, cioè a maggiore valore commerciale, è già stata alienata) e con gli immobili classificati di pregio (si calcolano siano il 10 percento dell’intero patrimonio immobiliare dello stato).
Proprio questi ultimi sono oggetto di un tenace contenzioso giudiziario. Da una parte per via del degrado che non di rado li caratterizza (si è identificato, creando discriminazioni enormi, il cosiddetto pregio nella dislocazione degli immobili nei centri urbani). Dall’altra, per gli alti prezzi con cui vengono offerti rispetto a quelli, sensibilmente più bassi, del mercato nel 2001 (presi a riferimento dalla legge 104/2004). Per non parlare della disparità (fino al 45 percento del valore commerciale!) di trattamento tra i cittadini, le cui abitazioni distano poche decine di metri dal centro storico.
Il governo Berlusconi non può trascinarsi dietro, come un’enorme macina al piede, questa situazione, che gli impedirebbe di varare un impegnativo programma di ripresa dell’attività edilizia per venire incontro alle esigenze delle giovani coppie e delle famiglie dei cittadini extra-comunitari. La soluzione più efficace per fare cassa, ma anche la più equa, è quella di alienare l’invenduto praticando uno sconto del 30 percento sui prezzi di offerta. Si tratta del valore che viene normalmente riconosciuto a chi acquista un immobile occupato come sono quelli detenuti dagli inquilini degli enti ex-previdenziali.
In questo modo non verrebbero sanate le discriminazioni e i diversi trattamenti tra i cittadini di diversi quartieri e di diverse città, che restano come una testimonianza dell’assoluta incapacità di organi della partitocrazia spartitoria quali sono, in grande misura, ancora Inps, Inail, Inpdap ecc. Ma dubito che,senza di essa, il ministero del Welfare, affidato alle mani di un esperto come Maurizio Sacconi, possa impostare finalmente una politica della casa per venire incontro alle esigenze delle giovani coppie e delle famiglie dei cittadini extra-comunitari.
Si tratta di una vicenda oramai annosa che è stata di recente ricostruita analiticamente da Mario Milone nel volume Scippopoli, edito a Napoli quest’anno. In sintesi i cosiddetti immobili di pregio (non più di 2.000 su oltre 90.000 unità), trasferiti alla SCIP Srl nel 2001 e nel 2002, sono stati sottratti alla più nota regola di mercato. Essa prevede per la vendita dell’immobile occupato la riduzione del 30 percento sul prezzo di mercato determinato per lo stesso immobile libero. Da anni è vigente una normativa illogica, varata dal precedente Governo, che sottrae a questa elementare regola di mercato gli immobili di maggior valore (immobili cosiddetti di pregio alienati ovviamente in base ad una maggiore stima).
“Tale esclusione – scrive Milone – determina una ingiustificata disparità di trattamento tra le 2.000 famiglie coinvolte e tutte le altre 90.000 complessivamente interessate dalle vendite che hanno potuto legittimamente acquistare la propria abitazione con l’applicazione della suddetta riduzione, nell’ambito dello stesso processo di dismissione patrimoniale pubblico e sulla base delle stesse leggi dello Stato”. È il caso, ad esempio, degli immobili di Roma di Piazza Adriana e Piazza Cavour, o quelli di Viale Filopanti e Piazza Roosevelt a Bologna.
La fine del contenzioso giudiziario e la vendita di questi immobili consentirebbe la formazione di un fondo iniziale per avviare finalmente una politica riformista di edilizia pubblica. Vi sono interessati i ministeri di Tremonti, Sacconi, Romani e Prestigiacomo (per l’ambiente). Dalla loro collaborazione dipende che i tempi di esecuzione siano spediti e vengano garantiti margini di profitti analoghi a quelli che il potere pubblico e gli imprenditori privati ricavano dalla collaborazione a questa impresa comune in Spagna e Francia. A documentarlo, tempo fa, è stata una bella inchiesta di Report (non importa l’orientamento politico), il programma che Milena Gabanelli dirige su Raitre.
(Salvatore Sechi)