«I Fratelli musulmani sono pronti a riconoscere agli Stati Uniti il ruolo di negoziatore tra i diversi partiti egiziani». Ad affermarlo è Abdel Fattah Hasan, deputato ed esponente di spicco dei Fratelli musulmani prima che il suo movimento politico fosse escluso dal Parlamento nel dicembre scorso. Fattah, ex imam di Roma, intervistato in esclusiva da ilsussidiario.net sottolinea che la sua posizione è condivisa da tutto il partito, spiegando: «Per noi gli Stati Uniti non sono il Grande Satana, la demonizzazione dei popoli non ci appartiene». Il politico egiziano, che ieri si è dovuto rifugiare in un luogo sicuro dopo che le bande armate che sostengono Mubarak lo hanno costretto ad abbandonare piazza Tahrir, ammette inoltre che «è impossibile che anche in futuro i Fratelli musulmani arrivino a conquistare la maggioranza in Egitto, siamo consapevoli di essere soltanto uno dei 18 partiti attivi nel nostro Paese». E sull’imam di Al-Azhar, Sheikh Ahmed El-Tayeb, principale guida dell’Islam sunnita nel Paese, osserva: «Ha invitato i cittadini egiziani a non manifestare, ma non ha trovato una sola parola per chiedere al regime di non reprimere le proteste nel sangue».
Onorevole Fattah, qualora i partiti egiziani non dovessero trovare un accordo, ritiene che gli Usa potrebbero svolgere una mediazione?
I Fratelli musulmani sono pronti a riconoscere agli Stati Uniti il ruolo di negoziatore tra i diversi partiti egiziani, qualora questi non trovassero un accordo. Esistono interessi congiunti tra i diversi popoli, e se qualcuno porta un’idea positiva per il benessere e per l’armonia del mio Paese, non vedo proprio perché non dovrei accettare. Se quindi gli Stati Uniti sono in grado di presentare proposte per un accordo nazionale nel mio Paese, allora non c’è in assoluto un problema per noi. E questo vale non solo per gli Stati Uniti, ma anche per l’Italia e per gli altri Paesi europei. La demonizzazione degli altri popoli non appartiene alla nostra cultura, per noi gli Stati Uniti non sono mai stati il Grande Satana. Tutt’al più possiamo condannare i comportamenti, ma mai le persone né tantomeno un’intera nazione.
È la sua posizione personale, o quella di tutti i Fratelli musulmani?
Il nostro partito ha un’unica agenda e una stessa comprensione di quanto sta avvenendo in Egitto. Non esistono divisioni al nostro interno.
Qualora i Fratelli musulmani dovessero conquistare la maggioranza in Egitto, che cosa siete disposti a concedere a ElBaradei, ai cristiani e all’esercito?
(Hasan sospira, ndr) Non saremo mai la maggioranza nel nostro Paese. In Egitto esistono 18 partiti politici, cui presto se ne aggiungeranno altri otto. Per non parlare degli schieramenti trasversali, religiosi e laici. La mappa politica del nostro Paese per noi è chiara, e siamo consapevoli di non poter esagerare nel descrivere la nostra forza. Del resto lo ripetiamo in ogni occasione: «Noi non siamo e non saremo l’Egitto». Siamo soltanto una fazione fra le altre, un colore dell’arcobaleno, una parte del nostro carissimo popolo. Proprio per questo rispettiamo gli altri partiti, musulmani e cristiani, religiosi e laici. Inoltre in un Paese sano nessuna forza dovrebbe prendere tutto il potere per sé, occorre distribuirlo tra i diversi attori politici della nazione, a differenza di quanto ha fatto il partito di Mubarak in questi 30 anni.
E’ vero che l’imam di Al-Azhar ha sconsigliato agli egiziani di partecipare alle manifestazioni?
Sì, rivestendo un ruolo ufficiale nel Paese ha tentato di calmare la situazione. Avrebbe però dovuto rivolgere nello stesso tempo un appello al presidente Mubarak chiedendogli di non usare violenza contro i manifestanti, di evitare spargimenti di sangue, di non uccidere la gente innocente e inerme. Chi protestava è uscito pacificamente per esprimere la sua opinione in modo civile. E quindi, con tutto il rispetto per l’imam di Al-Azhar, avrebbe dovuto rivolgere il suo invito alla calma a entrambe le parti in causa. Invece lo ha indirizzato soltanto ai manifestanti, che sono usciti in strada disarmati, e non ha chiesto al regime di evitare questa strage.
Se Mubarak cadrà, in Egitto si scatenerà la vendetta?
Il nostro obiettivo non è cacciare Mubarak dal Paese. Vogliamo soltanto le sue dimissioni, in modo che le sue competenze passino al vice presidente Omar Suleiman. Dopo i morti causati dalla polizia, i manifestanti non sono infatti più disposti a concedere altro tempo a Mubarak. E’ quindi giunto il momento che si ritiri dalla scena politica. Con Suleiman, tutti i partiti potranno iniziare a parlare della fase successiva: gli emendamenti alla Costituzione e un governo di salvezza nazionale. Salvaguardando il ruolo dell’esercito, cui spetta la tutela del rispetto della Costituzione. Se Mubarak si dimette gli concederemo tutto il nostro perdono, perché essendo stato per 30 anni il simbolo del nostro Paese non lo vogliamo umiliare nella fase finale della sua vita.
Niente processi politici quindi?
No, andrebbero solo processati quanti hanno approfittato del regime per promuovere la corruzione e falsificare le informazioni ufficiali fornite al presidente. Primi fra tutti l’ex ministro degli Interni, che ha evacuato le strade creando il caos, e l’ex ministro del Turismo, simbolo della corruzione nel nostro Paese. Se i tribunali li assolveranno, accetteremo la loro sentenza.
I Fratelli musulmani sono favorevoli alla Sharia?
La Sharia letteralmente vuol dire la via, è la strada che conduce al progresso sociale e alla dignità dell’essere umano. Non soltanto il Corano, ma anche il Vangelo e l’Antico Testamento parlano di questi criteri. Parlare di «Sharia islamica» significa ritenere che «il Corano è la religione giusta». E questa religione giusta pone sempre l’accento sul progresso dei popoli e delle società. In ogni caso, siamo a favore di una riforma graduale delle leggi e non per cambiamenti repentini.
Che cosa risponde a chi vi accosta ad Al Qaeda?
Con quello che dissi dopo l’11 settembre 2001 quando ero imam di Roma durante una predica al Teatro Parioli: «Chi uccide un solo uomo, uccide tutta l’umanità». I Fratelli musulmani non sono né Al Qaeda, né Bin Laden, né al-Zawahiri. E lo dimostra il fatto che Al Qaeda ci ha accusato di essere dei degenerati e di usare indulgenza nei confronti dei regimi totalitari. E questo perché, secondo loro, invece di combattere Mubarak con la forza della parola, dovremmo farlo acquistando delle armi. Bin Laden e al-Zawahiri non ci rappresenteranno mai, così come non rappresentano l’Islam autentico.
(Pietro Vernizzi)