“Il premier greco Papandreu scommette sull’azzardo del referendum per evitare di prendere l’unica decisione naturale: indire nuove elezioni e accettare il verdetto delle urne. Sa che in questo caso perderebbe, mentre con la sua mossa opportunistica punta a sfruttare l’europeismo insito nella maggior parte dei greci per trasformarlo in una sua vittoria personale”. E’ l’analisi di Marietta Giannakou, europarlamentare greca del partito d’opposizione Nea Dimokratia ed ex ministro del Welfare. Ilsussidiario.net l’ha intervistata sulla scelta del governo greco di indire un referendum sul piano di salvataggio approvato dall’Ue. Una mossa a sorpresa che ieri ha fatto sprofondare le Borse europee, con Milano a picco a -6,80%, e fatto scattare un vertice d’emergenza Merkel-Sarkozy.
Onorevole Giannakou, come valuta l’annuncio di George Papandreu?
In modo negativo. Questo referendum rischia di trasformarsi in un voto a favore o contro l’Unione europea, e in questo momento cruciale è molto pericoloso. Per questo, ritengo che quella di Papandreu sia stata una scelta opportunistica. Abbiamo già visto in altre circostanze che nei referendum in molti casi i cittadini non rispondono al quesito che si pone loro, e che in questo caso sarebbe molto complicato. L’accordo adottato dal Consiglio europeo del 23 ottobre è infatti un testo lungo 300 pagine, e un comune cittadino non può certo conoscerne i dettagli.
Che cosa accadrà quindi al momento del voto?
Quello che accade sempre in queste circostanze: gli elettori, invece di rispondere al quesito referendario, esprimono il loro gradimento sul politico che lo ha proposto. E in questo momento il giudizio dei greci sul governo di Papandreu è negativo: la percentuale dei suoi consensi è molto bassa per quanto riguarda tutte le sue politiche. E’ per questo che ritengo che il referendum sia come minimo pericoloso. E d’altra parte se la maggioranza voterà no al piano di salvataggio, che cosa farà Papandreu? Andrà dai leader europei e dirà loro che l’accordo che ha firmato è carta straccia? Non sarebbe molto logico.
Ma lei non si fida della capacità degli elettori greci di scegliere la cosa migliore?
Il punto è che Papandreu non ha la legittimazione popolare per indire il referendum, perché il programma che lo ha portato a essere eletto non comprendeva nessuna delle misure incluse nel piano di salvataggio. Ma l’unico modo per stabilire che cosa pensi effettivamente la maggioranza dei greci è quello di indire delle elezioni generali, e non un referendum di questo tipo. Che, non dimentichiamolo, non si terrebbe prima del gennaio 2012, e quindi comporterebbe tre mesi di profonda incertezza.
Ma il suo partito in passato non si è dichiarato contrario al piano di salvataggio della Grecia?
No, Nea Dimokratia ha espresso delle differenze di vedute sui singoli aspetti dell’accordo sottoscritto da Papandreu con i leader dell’Unione europea. Ma nel complesso non riteniamo che si trattasse di un cattivo accordo. E comunque, è pazzesco sottoscrivere un accordo e poi chiedere agli elettori di esprimersi su di esso.
Quindi il premier greco che cosa spera di ottenere con questa “acrobazia”?
Papandreu è convinto del fatto che il referendum sarà percepito dagli elettori come se si chiedesse loro se intendono o meno restare nell’Unione europea. E sa bene che un’elevata percentuale della popolazione greca si sente europeista. Ma nessuno conosce come risponderà una volta messa di fronte a un referendum. In Europa abbiamo già visto diverse consultazioni di questo tipo il cui esito è stato diverso dal previsto.
Ma se Papandreu si dimettesse, la situazione che si creerebbe non sarebbe ancora più pericolosa?
Papandreu non ha nessuna intenzione di dimettersi: è proprio per poter rimanere al potere che preferisce correre un grave rischio come il referendum. Anche se ovviamente lui spera che vincano i “sì” al piano di salvataggio. Quanto è solida la maggioranza di cui gode il premier greco? Antonis Samaras, segretario di Nea Dimokratia, ha chiesto al presidente della Repubblica, Karolos Papoulias, di aprire una crisi di governo. Ma anche diversi esponenti del Panhellenik Socialist Movement (PASOK), il partito di governo, hanno invitato Papandreu a lasciare, e dopo le dimissioni di un parlamentare socialista la maggioranza può contare su un margine di soli due deputati. Auspichiamo quindi la formazione di un governo di salvezza nazionale, per preparare le prossime elezioni.
Che cosa accadrebbe invece se la Grecia dovesse respingere il piano di salvataggio e uscire dall’euro?
Uscire dall’euro porterebbe automaticamente la Grecia al default e raddoppierebbe il nostro debito verso l’esterno. Non è quindi pensabile di abbandonare l’euro, vogliamo quindi restare nell’Eurozona anche perché riteniamo che, nonostante le attuali difficoltà, l’introduzione della moneta unica sia stata un successo.
Che cosa ne pensa della posizione della Germania, che sta cercando di imporre i suoi parametri a tutti i Paesi dell’Eurozona?
Giustamente il governo tedesco richiama al rispetto del patto di stabilità. Il problema è che i primi due Paesi a violarne le regole nel 2003 sono stati proprio la Germania e la Francia, e da quel momento anche gli altri governi europei si sono sentiti autorizzati a comportarsi allo stesso modo. Se noi abbiamo delle regole comuni, come il patto di stabilità, dobbiamo rispettarle. Il governo tedesco quindi, prima di chiedere agli altri Paesi un maggiore rigore, dovrebbe dare il buon esempio. E ricordarsi che la Grecia ha adottato un piano d’austerità, ma che non possiamo pensare di risolvere tutti i problemi dall’oggi al domani.
Quali sono le proposte di Nea Dimokratia per risollevare l’economia greca?
In Grecia abbiamo un tasso di disoccupazione molto elevato, e quindi abbiamo difficoltà a mantenere una previdenza sociale, a non far fallire le banche, a gestire l’economia del Paese. Insomma stiamo ripartendo da zero, ed è per questo che è importante riuscire a individuare dei programmi per la crescita di lungo periodo con l’obiettivo di creare nuovi posti di lavoro.
(Pietro Vernizzi)