Alle 21, prima ancora della fine delle votazioni, Dario Franceschini aveva invitato i big del partito a restare compatti fino al ballottaggio. L’impressione di tutti era che l’astensionismo avrebbe punito soprattutto il Pd e questo timore spiega ancora più il sollievo, misto ad incredulità, che si respira molte ore dopo nella sede del partito tra i big, quasi increduli, non tanto per il proprio risultato, giudicato di tenuta, ma perché “gli italiani hanno capito e punito lo spettacolo sconcertante offerto da Berlusconi”. Dopo le sconfitte in Abruzzo e poi in Sardegna, e poi lo choc delle dimissioni di Walter Veltroni, il Pd aspettava le elezioni europee come un test sulla propria sopravvivenza.
Tutti davano per scontato che il risultato delle politiche sarebbe stato irripetibile e quindi, anche se non ufficialmente, l’asticella era fissata nelle ultime settimane al 27 per cento. Sotto, il progetto sarebbe stato ancora più in affanno, sopra, avrebbe segnalato un’inversione di rotta. Ed il sollievo per una ripartenza si respirava già dopo le prime proiezioni anche se Franceschini ha scelto la strada della cautela, preferendo rinviare a domani i commenti definitivi. E se il dato finale e le amministrative confermeranno la validà del progetto, c’é già chi nel Pd comincia a rispolverare l’ipotesi di un rinvio del congresso dopo le elezioni regionali del 2010 visto che la “cura” Franceschini, fatta di opposizione più dura, sembra piacere agli elettori.
Nella sede del Pd, a parlare con telecamere e giornalisti in un climax di ottimismo è stato per tutti Piero Fassino, l’uomo che in altre occasioni metteva la faccia anche davanti alle sconfitte più dure. “Si dava per certa – è l’analisi dell’ex segretario Ds – una rotta del Pd che non c’é stata così come non c’é stato lo sfondamento di Berlusconi che ai quattro venti indicava la cifra del 45 per cento. La realtà è un’ altra e cioé che le opposizioni unite raggiungono il 51 per cento e non il Pdl più la Lega”. Previsioni non dipinte neanche nei più rosei scenari che al tempo stesso consegnano ai big del partito, stando ai primi dati, una nuova geografia del Pd visto che ci sarebbe una perdita di voti nelle roccaforti rosse, un dato buono al nord e un calo al sud, sebbene l’astensionismo sembra aver punito soprattutto il Pdl.
In attesa dei dati definitivi, il Pd può vantare il suo risultato e la sua esperienza già a Strasburgo: in un quadro di crollo dei partiti socialisti e socialdemocratici, il Pd sarà il secondo o al massimo terzo per voti ed eletti e quindi potrà trattare da una posizione di forza il suo ruolo nel nuovo gruppo dell’Alleanza dei democratici e dei socialisti. Una soddisfazione che spinge Franco Marini a rispolverare l’idea “dei due gruppi autonomi ma alleati” ma, spiegano al Pd, l’accordo con i socialisti europei è ormai chiuso.