Un’impresa nata dall’uragano. Si chiama Acta de Honduras ed è stata lanciata dopo che il ciclone Mitch nel 1998 si è abbattuto sul Paese lasciando migliaia di persone senza più niente. Alessandra Foletti, un’italiana che si trova sul posto da 30 anni, si è reinventata come imprenditrice decidendo di fondate un’azienda sociale che insegna agli artigiani come utilizzare le tecniche precolombiane di 3mila anni fa per realizzare prodotti di largo consumo. E quindi commercializzandoli in tutto il mondo, per contribuire allo sviluppo di uno degli angoli più poveri del pianeta. In questi giorni Foletti è in Italia per partecipare alla Fiera dell’Artigianato: Ilsussidiario.net l’ha intervistata.
Come è nata l’idea di fondare l’impresa sociale Acta de Honduras?
La nostra azienda è nata da un’associazione non profit svizzera che si chiama Acta e che si trova nel Paese dal 1998, da quando cioè l’uragano Mitch devastò il Paese. Siamo quindi il partner privato commerciale di tutta una rete di cooperative sociali attive in Honduras. Il nostro compito è formare gli artigiani, sviluppare dei nuovi prodotti e promuoverli esportandoli all’estero.
In concreto di che cosa vi occupate?
Insegniamo ai lavoratori locali a innovare il prodotto artigianale, integrando le tradizioni ancestrali precolombiane con uno sguardo contemporaneo. Quindi sviluppiamo i prodotti, fino alla fase della vendita. La tradizione principale dell’artigianato in Honduras è rappresentata da ceramica, fibre e legno. La lavorazione della ceramica risale al periodo preispanico e stava scomparendo. Abbiamo quindi recuperato tecniche e forme archeologiche e le abbiamo rivisitate con un disegno contemporaneo. Adesso realizziamo dei pezzi con le stesse tecniche di 3-4mila anni fa, ma con un disegno e una funzionalità funzionali per i giorni nostri.
E perché vi è venuto in mente di farlo proprio dopo l’uragano?
Perché in seguito al ciclone Mitch, Acta Svizzera era intervenuta in Honduras con un progetto sociale di due anni per appoggiare le comunità di artigiani che avevano subito dei danni. Abbiamo organizzato un convegno insieme al Programma Alimentare Mondiale, attraverso il quale abbiamo distribuito più di 100mila dollari in cibo alle comunità artigianali, e invece di regalarli abbiamo chiesto loro “in cambio” di realizzare dei prodotti.
Vi sarete trovati con un magazzino pieno di oggettini in ceramica …
Infatti, e proprio per questo motivo abbiamo cominciato a venderli per realizzare un fondo ciclico, attraverso il quale recuperare i soldi e quindi reinvestirli. Siamo quindi entrati in un programma di esportazione, e abbiamo deciso per trasparenza di fondare Acta de Honduras come impresa privata, con finalità sociali ma distinta da Acta che invece è un programma non profit.
Prima di svolgere questa attività che lavoro faceva?
Io sono antropologa, ho sempre lavorato come consulente per lo sviluppo. Da 30 anni realizzo delle missioni in Honduras per organismi internazionali nel campo dello sviluppo dell’artigianato, soprattutto a favore degli indigeni e delle donne. Ho deciso di rischiare il mio tempo e il mio lavoro in Acta de Honduras. Mi sono dovuta reinventare come imprenditrice, e sto ancora imparando. Nel frattempo realizzo anche delle consulenze per degli organismi privati di sviluppo. Per esempio, mi è stato chiesto di aiutare un gruppo di donne a sviluppare un nuovo progetto artigianale.
Perché ha scelto di andare a lavorare in Honduras?
E’ stato l’Honduras che ha scelto me. Io sono italiana, ho sposato uno svizzero e sono diventata honduregna di fatto perché vivo da 30 anni nel Paese centroamericano. Dopo essermi sposata, mio marito ha trovato lavoro in Ecuador nell’Amazzonia. Dopo alcuni anni la cooperazione svizzera lo ha contattato e gli ha offerto un posto di lavoro in Honduras. Abbiamo deciso di accettare e quindi per una serie di circostanze questo Paese ci ha “adottati”.
Quali sono i risultati nel campo della cooperazione allo sviluppo realizzati dalla sua impresa sociale?
Il bello del lavoro di Acta è che gli artigiani, una volta formati, non dipendono più necessariamente da noi. Sviluppiamo i prodotti, li formiamo e quindi sulla base della libera aggregazione loro decidono se continuare a lavorare con l’impresa sociale o se, come stanno già facendo molti di loro, esportare direttamente. Dopo avere seguito i nostri corsi hanno infatti tutte le conoscenze e il know how necessario e possono intrattenere rapporti commerciali con altri attori. I lavoro di Acta quindi ha generato moltissimo lavoro, non solo con gli artigiani, ma anche con una serie di altri operatori che intervengono, per commercializzare ed esportare i prodotti. Quello che abbiamo fatto è stato rivalorizzare la potenzialità dell’artigianato in Honduras, creando lavoro e ricavi economici per artigiani e persone che commercializzano i loro prodotti.
Voi vendete soprattutto in Honduras o all’estero?
Fino al 2007, anno in cui è iniziata la crisi internazionale, eravamo attivi soprattutto nel campo dell’export. L’idea di Acta infatti era quella di creare il maggiore lavoro possibile, e gli ordini di esportazione ci permettevano raggiungere questo obiettivo. A partire dal 2007 abbiamo iniziato a risentire della recessione, aggravata nel 2009 dalla crisi politica dell’Honduras. Siamo quindi stati costretti a diversificare la nostra strategia con un mercato locale e turistico, mantenendo inoltre il mercato delle esportazioni per gli accessori. Abbiamo infatti cambiato lo stile dei prodotti: prima realizzavamo molto vasi e altri oggetti di grandi dimensioni per la casa. Ora abbiamo ridotto le dimensioni degli articoli, e con questi prodotti più piccoli siamo presenti all’Artigiano in Fiera.
Quanto sta incidendo la crisi per gli artigiani del Centro America?
Tutte queste economie fragili del Centro America, che dipendono particolarmente dagli Usa, stanno soffrendo una crisi molto acuta, anche perché c’è una mancanza di liquidità interna. E poiché l’Honduras è un Paese molto a rischio dal punto di vista della sicurezza, il turismo, che sarebbe la vocazione principale, ne sta risentendo in modo notevole.
(Pietro Vernizzi)