Lo aveva detto durante un’intervista rilasciata a La Repubblica un paio di settimane fa, lo ribadisce anche adesso. Sergio Marchionne conferma alla rivista automobilistica tedesca “Auto Motor und Sport” che, se la Fiat avesse investito di più in Italia, adesso sarebbe già fallita, trascinata nell’abisso della crisi automobilistica europea. Per questo motivo le intenzioni dell’ad del Lingotto adesso guardano al mercato americano, dove nel 2014 dovranno inizialmente essere lanciate la nuova sportiva Alfa 4C e la berlina Giulia. Solo in seguito, fa sapere Marchionne, le due vetture incontreranno anche il mercato italiano. IlSussidiario.net fa il punto della situazione con Aldo Enrietti, professore di Economia industriale presso l’Università di Torino.
Professore, è vero che la Fiat, a fronte di maggiori investimenti, adesso sarebbe fallita?
E’ ovvio che, senza l’operazione Chrysler, la Fiat sarebbe probabilmente già fallita o comunque si troverebbe in enormi difficoltà. Inoltre, se si proietta il risultato della Panda su altri investimenti, certamente il Lingotto non avrebbe potuto ammortizzare i costi sostenuti, visti anche i risultati piuttosto scarsi ottenuti dalle altre vetture in questo ultimo periodo. Marchionne aveva detto di voler vendere 300 mila Panda, mentre quest’anno arriverà a 130 mila nella migliore delle ipotesi.
Quindi in un certo senso Marchionne ha ragione?
Se pensiamo a eventuali altri modelli che avrebbero potuto essere introdotti in Italia, come la nuova Punto, la nuova Bravo e i due Suv che erano stati promessi, certamente adesso la Fiat perderebbe molto di più rispetto a quanto sta già facendo, immaginando ovviamente che il successo di questi prodotti sarebbe stato limitato come quello attuale della Panda. Marchionne sembra dunque voler dimostrare di essere riuscito a difendere i conti della Fiat, ma anche della Chrysler, mentre se avesse investito di più la situazione sarebbe stata ben peggiore di quella attuale.
Secondo Marchionne, l’export è l’unico modo per dare respiro al sistema produttivo italiano. E’ vero?
In linea di principio non si può non essere d’accordo, ma questa affermazione vale per la Fiat come per qualsiasi altra impresa italiana che sta vivendo l’attuale situazione. In un contesto di profonda recessione nazionale e di maggiore difficoltà europea, l’export è ovviamente un’ottima soluzione, quindi le parole di Marchionne appaiono a prima vista quasi scontate. Bisogna però sottolineare la presenza di un problema in particolare.
Quale?
Innanzitutto che l’export negli Stati Uniti prenderà il via non prima di due o tre anni. Solo in quel momento, osservando il mercato statunitense, potremo quindi capire se tale operazione risulterà effettivamente ancora vantaggiosa. In ogni caso un’ipotesi del genere non riguarda il presente, ma il futuro, e d’altronde una delle ipotesi forti di Fabbrica Italia era proprio questa, vale a dire l’esportazione di oltre 300 mila vetture. Al di là del fatto che il progetto è stato accantonato, resta il problema che le vetture esportate vanno poi vendute.
Dopo i recenti attacchi, Marchionne ha più volte ribadito che la Fiat resterà in Italia. Ipotesi ancora credibile?
Probabilmente la risposta a questa domanda la conosce solo Marchionne. Quello che è certo è che l’amministratore delegato di Fiat ha chiesto al mondo imprenditoriale un cambio di business, come appunto quello relativo all’export di cui abbiamo appena parlato, ma per farlo occorre avere dei modelli che possono avere successo negli Stati Uniti e non solo. Marchionne per il momento sta rinviando ogni decisione a data da destinarsi e quello che potrà accadere sarà più chiaro solamente più avanti: in tutti i casi non credo che la Fiat possa abbandonare l’Italia, né che sia prevista la chiusura di uno degli stabilimenti nel medio periodo. Certo, la situazione in futuro potrà evolvere e non escludo che un altro sito Fiat possa chiudere i battenti.
(Claudio Perlini)