Se un’impresa arriva alla sesta generazione significa che, nel corso dei decenni, ha saputo attraversare crisi e cambiamenti, anche radicali. Non è da tutti, ma chi oggi ha una storia del genere da raccontare, lo fa avendo tra le mani un patrimonio di esperienze tale da poter guardare al futuro senza pessimismo. Quella dei “Fratelli Ballardini” inizia addirittura nel 1871, a Tione di Trento, località Tonello. «Il paesino prese il nome da una famiglia di Trieste che costruì una segheria sul fiume – racconta a IlSussidiario.net Michele Ballardini -. Tagliavano il larice che poi portavano nella loro città per costruire i ponti delle navi. Alla morte del proprietario i miei antenati decisero di rilevare l’attività. Le segherie lungo i corsi d’acqua della valle pian piano iniziarono ad aumentare, creando una piccola rete. Il legname veniva segato, trasportato a dorso di mulo fino a Riva del Garda, poi in zattera fino a Peschiera e infine distribuito attraverso le linee ferroviarie in tutto il Nord Italia».
Fino a quando l’attività rimase sostanzialmente la stessa?
L’impresa rimase una segheria fino agli anni Sessanta, arrivando ad avere addirittura 120 dipendenti. Dopodiché iniziò a cambiare seguendo le esigenze del mercato. Oggi ci occupiamo di imballaggio industriale, di movimentazione e logistica.
Ci spieghi meglio.
Produciamo imballaggi in legno, cartone e plastica, lavorando su commessa. Questo significa che le ditte ci consegnano i loro prodotti da movimentare e noi progettiamo e realizziamo per loro il miglior imballaggio. La parte commerciale, invece, l’abbiamo affidata a un’altra impresa con cui abbiamo deciso di costituire una rete.
Chi sono i vostri principali clienti?
Essenzialmente ditte che esportano oltre mare (Brasile, Stati Uniti), ma anche in Cina e Russia. Le imprese di imballaggio infatti possono posizionarsi con ottimi risultati in fondo a una linea di produzione e hanno un’esperienza nel campo della logistica superiore alle ditte di trasporto. Tocca a noi trovare il confezionamento e l’imballaggio migliori che consentano di reggere a forti sollecitazioni (pensiamo a cosa può succedere durante viaggi in mare che possono durare dei mesi) e che siano compatibili con i diversi tipi di sollevamento che si distinguono nei vari paesi.
La crisi economica ha toccato anche il vostro settore?
Il nostro è un mercato di nicchia. E devo dire che, anche se il mercato degli imballaggi industriali è in difficoltà (soprattutto quello generico del legno), stiamo reggendo bene. D’altronde, la crisi sembra interessare principalmente il mercato interno, mentre l’unica economia che si sta muovendo in questa fase è quella dell’esportazione. E, tutto sommato, possiamo considerare il nostro un accessorio all’export.
Secondo lei dovrete essere pronti comunque a un nuovo cambiamento?
Di certo abbiamo le antenne alzate. A oggi il nostro vero concorrente è il container in ferro e la tendenza dei porti a livello mondiale è quella di favorire questo tipo di sistema.
E come potrete rinnovarvi se questa tendenza dovesse persistere nel tempo?
Se lo scenario dovesse essere quello dovremo spostarci dalla produzione al servizio e alla containerizzazione. Abbiamo infatti personale specializzato nel fissaggio dei prodotti e molte ditte producono dei materiali che richiedono un imballo anche all’interno dei contenitori di ferro. Staremo a vedere.