Che tempo che fa, riassunto puntata del 6 maggio 2012 – Nella puntata andata in onda ieri sera di Che tempo che fa, l’ultima di questa stagione, Fabio Fazio ha avuto come ospiti Serena Dandini e Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni, oltre al critico d’arte Flavio Caroli che ha presentato una sfida tra artisti della storia della pittura. Il primo ospite è proprio lui che, come sempre, fa il primo “duello” artistico tra Van Gogh e Gauguin, simbolo di due filosofie “impressioniste” contrapposte. Tra i due, dopo aver mostrato gli autoritratti, specifica come non corresse buon sangue. Ma puntualizza subito: “Siamo di fronte a due giganti che hanno lanciato da subito la loro vita nel piatto dell’arte”. Di Gaugin, fa poi una recensione del quadro “Le bagnanti a Dieppe”, mentre di Van Gogh parla dei “Mangiatori di patate”. Alla fine di questo raffronto, Caroli Presenterà il suo libro: “Arte d’oriente ed arte d’occidente”, che pratica un parallelo fra le due realtà. Quindi è la volta di Serena Dandini, che giunge in studio a presentare il suo libro “Grazie per quella volta – confessioni di una donna difettosa”. L’ospite parla della sua opera, a prevalenza “narrativa”. Prima di presentarla, però, Fazio la invita a fare un bilancio televisivo: quest’anno infatti la conduttrice è passata a La7 con “The show must go off”, dopo una pagina un po’ difficile che l’aveva vista abbandonare la Rai. E proprio per quest’ultima, in un siparietto che inneggia alla candidatura di Santoro, la Dandini consegna il suo di curriculum, chiedendo a Fazio se, in qualche modo, egli possa mediare con i piani “alti”. “Starei in tandem con la Littizzetto, lei direttore generale ed io amministratore delegato”. Ma Fazio non manca di manifestare alcuni dubbi sulla candidatura: “Secondo me finirà come Santoro, persa”. Quindi, si passa a parlare del libro, in cui lei racconta di una donna “fragile” e non più legata all’immagine e alla cura di se stessa. Come lei cerca di spiegare, nel libro si trova una “Dandini rilassata, che cerca di insegnare i piaceri della vita alle donne, inducendo a tralasciare i canoni come magrezza, ossessione per il lavoro e tutto il resto”. E proseguendo nella spiegazione, racconta come negli altri capitoli lei cerchi di spiegare il rapporto con le cose della vita: a partire dagli oggetti, per parlare di quello con gli uomini. Come la Dandini spiega, “tra le cose semiserie, ci sono anche piccoli dettagli veri e non scherzosi della vita”. E tra questi, il rapporto con la vecchiaia, definita da lei “non più graduale come una volta: ti alzi un giorno e sei invecchiato di cinque anni”. L’ospite a seguire è accolta da una standing ovation e risponde dicendo: “Io vorrei che questi applausi li avesse avuti Giovanni da vivo”. Si tratta della sorella di Falcone, Maria, che in occasione del ventennio della morte di suo fratello presenta il libro “Un solo eroe”, che racconta la storia del magistrato. Le parole che colpiscono della donna sono “Io lo sapevo da sempre”, come se in quel periodo, chiunque si fosse messo a fare ordine all’interno di un mondo come la mafia, prima o poi sarebbe stato tolto di mezzo. Fazio propone un paragone con Saviano, la cui solitudine ricorda quella di Falcone: “Solo nella lotta contro la mafia, solo quando stimato negli Stati Uniti ma meno in Italia, solo quando qualcuno disse che l’attentato se l’era organizzato lui stesso”. Di tale solitudine, prova a parlare Maria: “Per fortuna aveva una famiglia, ma la politica e la società lo avversavano. E una delle più grandi fonti di solitudine era anche l’invidia degli altri magistrati”. Assieme alla donna, Fazio discute alcune parole del libro, pronunciate da Ilda Boccassini: “Non c’è stata persona più sconfitta di Falcone. Eppure ora sono piene le cattedrali di gente che lo rimpiange”. Maria risponde prontamente che in Italia, per essere stimati, bisogna prima morire. Ai ragazzi, lancia un messaggio: “Prendete da lui non solo la sua professione di tecnico antimafia. Ma anche la fiducia nelle istituzioni nonostante tutto”. Fabio Fazio punta l’attenzione sui metodi investigativi efficacissimi (famosi anche in America) inventati dall’uomo, e Maria spiega che tecnici come lui, in Italia, ve ne siano stati pochissimi. Per spiegare il perché facesse questo mestiere, che per molti equivaleva a un suicidio, utilizza quello che definisce il “testamento morale” di suo fratello: “Gli uomini passano, le idee restano e camminano sulle gambe di altre persone”.