Era un trentennio che il Governatore della Banca d’Italia non lanciava l’allarme sull’insidiosa “tassa sul risparmio” prelevata dall‘inflazione. Lo ha fatto Ignazio Visco sabato scorso al convegno annuale Forex, tradizionale appuntamento annuale del numero uno di via Nazionale con banchieri e operatori finanziari.
Sullo stesso palco – allora meno mediatico di oggi – si alternarono Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi, quando a cavallo fra i ’70 e gli ’80 l’inflazione annua restò a due cifre per dodici lunghi anni, superando il 21% nel 1980. Fu in particolare Ciampi – futuro Premier e presidente della Repubblica – a non perdere mai occasione per denunciare nell’aumento dei prezzi un’inaccettabile forma di distruzione del risparmio delle famiglie. E non sorprende che Ciampi sia stato il vero “padre” dell’ingresso dell’Italia nell’euro: senza ritardi, fin dal 1999, e dopo un lungo cammino di ristrutturazione dell’intero sistema economico.
Il rigurgito inflazionistico di questi mesi è per una parte importante figlio di una mossa geopolitica della Russia di Vladimir Putin, che ha rialzato artificialmente il prezzo del gas. L’impennata generale dei prezzi dipende tuttavia anche in misura non marginale dall’effetto-Covid. Due anni di restrizioni hanno messo in crisi tutte le catene commerciali di rifornimento di materie prime e beni intermedi alle imprese e di prodotti finali ai mercati di consumo. Non è detto che la prima causa – così simile allo choc petrolifero che innescò l’iperinflazione di mezzo secolo fa – sia più rilevante della seconda: che, cioè, il superamento della crisi ucraina e normalizzazione (tendenziale ma non certa) dei prezzi dell’energia riportino la dinamica inflazionistica entro i suoi termini “ordinari” (ad esempio, il 2% annuo assegnato come limite alla Bce per l’eurozona). Non va trascurato neppure un interesse indiretto degli Stati a veder alleggeriti i propri debiti pubblici: in conflitto con i titolari dei risparmi privati.
Il mercato stesso dell’energia è comunque di per sé simbolo di problematiche profonde e non congiunturali. Il gas sembra in parte insostituibile – per chi lo produce e chi lo consuma – come il petrolio negli anni ’70. Nei fatti tutto (a cominciare dai combustibili fossili) è sostituibile e tutto viene sostituito, almeno in parte. Il nucleare non ha mai rimpiazzato il petrolio o il carbone, ma è bastata una crisi ancora circoscritta a spingere l’Unione europea a guardare a un suo possibile riutilizzo in chiave “verde”. Decenni di narrazioni e strategie sul terreno delle energie pulite e rinnovabili sono state messe in crisi nell’arco di poche settimane: ma è improbabile che il lavoro, scientifico, tecnologico e diplomatico convogliato da COP26 sul cambiamento climatico vengano spazzati via. È assai più probabile che la transizione verso l’ecosostenibilità prosegua: non diversamente da come – fra gli anni ’70 e ’80 – un sistema-Paese come l’Italia “emerse” con una manifattura 2.0 rispetto alla grande industria tradizionale. E fu quel Paese – “auto-made in Italy” – a seguire Ciampi nel sottoscrivere la più efficace polizza anti-inflazione: l’adesione all’euro.
Visco ha voluto ricordare questo: l’inflazione è un pericolo serio (soprattutto per il risparmio delle famiglie) che si combatte con armi serie.
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