La storia di Alitalia, a valle dell’uscita del socio Etihad, ovvero dal 2017 in poi, può essere tranquillamente considerata uno dei peggiori esempi di gestione della res publica tra le democrazie occidentali. Rinviando a ulteriori trattazioni l’analisi sull’enorme spreco di risorse, pari a oltre 4 miliardi di euro (esclusi gli effetti diretti della pandemia Covid), sull’assenza di utilità sociali e di qualsivoglia politica industriale del comparto, ci preme soltanto evidenziare che anche negli ultimi 18 mesi (da ottobre 2021 a marzo 2023) le perdite economiche operative, in questo caso riconducibili al solo “progetto ITA Airways”, hanno superato il miliardo di euro su meno di 2 miliardi di ricavi.
Tale risultato, oltre a rappresentare, quantomeno in termini di incidenza delle perdite sui ricavi, la peggiore performance economica nella storia di Alitalia/ITA dalla fondazione nel lontano 1946, esprime, per i contribuenti italiani, la dimensione, addirittura peggiorativa rispetto agli anni precedenti, dell’attuale apporto dello Stato azionista alla copertura dei costi di esercizio della “compagnia di bandiera”. Insomma, si può affermare che i contribuenti italiani, complessivamente intesi, pur senza volare, continuino a pagare lo stesso prezzo corrisposto dai passeggeri che utilizzano i servizi del vettore nazionale, senza che la comunità italiana possa, al contempo, beneficiare di servizi a prezzi ridotti e/o collegamenti diretti non offerti da altri vettori concorrenti.
Nel presente articolo, non essendo stato possibile aggiornare l’analisi delle criticità industriali e competitive delle attività di trasporto aereo gestite dalla mano pubblica, a causa della mancanza delle necessarie informazioni, non desumibili dai documenti pubblici di Alitalia in AS (Amministrazione straordinaria, ndr) e di ITA Airways, intendiamo evidenziare come le gestioni “governative” degli ultimi sei anni siano state tutte caratterizzate da un esecrabile livello di trasparenza e dalla mancata divulgazione delle principali informazioni industriali ed economiche che, se non del tutto omesse, sono state comunicate ai cittadini e ai mercati in modo distorto, oppure edulcorate dai commissari/amministratori di turno, oppure nascoste in ricercate perifrasi giornalistiche. Tutto ciò è stato inoltre amplificato da un contesto mediatico oggettivamente poco attento e informato e spesso poco credibile in quanto facilmente “influenzabile” dalla politica se non direttamente dai flussi pubblicitari originati dalla stessa impresa Alitalia/ITA.
A proposito di scarsa trasparenza, a mero titolo di esempio, è opportuno ricordare che l’Amministrazione Straordinaria di Alitalia (SAI) aveva, sin dall’inizio, deciso di non fornire le evidenze patrimoniali ed economiche (pro-forma) riclassificate in base a principi contabili nazionali o internazionali, e quindi non aveva mai fornito quelle informazioni sulle performance aziendali immediatamente leggibili dagli analisti di settore, per tutte le annualità che vanno dal 2016 al 2021 [1];
Il piano industriale di ITA Airways era stato presentato come Atto del Governo sottoposto a parere parlamentare (n. 237) e il 21 dicembre 2020 era stato approvato, pur in assenza di una quantificazione dettagliata e argomentata degli assunti di base e delle proiezioni economiche e patrimoniali dell’iniziativa (vedi anche successive interrogazioni e ricorsi di alcuni parlamentari). Tale documento, a oggi, non è mai stato reso pubblico, seppur paradossalmente utilizzato dagli amministratori di ITA come unico riferimento di confronto nella comunicazione al pubblico delle performance aziendali;
Alla fine dell’estate 2021, Camera e Senato avevano approvato la norma che riguarda il passaggio da Alitalia a ITA Airways nella quale si faceva riferimento a presunte decisioni preliminari della Commissione europea che erano state secretate dal Governo [2]. Ne era conseguita addirittura una approvazione parlamentare “al buio”;
Il Collegio commissariale di Alitalia in AS, nel mese di ottobre 2021, proprio a ridosso dell’accordo con ITA per la cessione del ramo aziendale Aviation di Alitalia, nel modificare il programma Mise relativo alla cessione di tale ramo, escludeva l’applicazione delle procedure previste dall’art. 2112 c.c. Tale Collegio dichiarava espressamente, nello stesso documento (Modifica al programma di cessione di Alitalia e Alitalia Cityliner del 10 ottobre 2021), di aver deciso di escludere dalla cessione il personale dipendente Aviation sulla base di interlocuzioni informali con la Commissione europea del luglio precedente, ma di non aver potuto prendere visione della Decisione definitiva del 10 settembre 2021 per l’impossibilità di acquisirne il relativo testo (sic!). All’uopo si ricorda che la Decisione europea “non letta” non solo non si esprimeva nel merito della cessione o meno del personale da Alitalia a ITA, ma, anzi, nel trattare il trasferimento degli slot aeroportuali dichiarava espressamente che tali slot avrebbero dovuto essere trasferiti, sulla base dei Regolamenti Ue, solo se inclusi nel trasferimento in un ramo Aviation autonomo e funzionante.
Il contratto di cessione del perimetro Aviation da Alitalia in AS a ITA era stato secretato, sin dall’inizio, anche in sede giudiziaria in relazione alle circa 1.300 cause di lavoro promosse dai dipendenti Alitalia;
Il sito web di ITA Airways (nella sezione “Società Trasparente”) aveva iniziato a rispettare, peraltro molto parzialmente, quanto imposto dalla normativa sulla trasparenza ai sensi D.Lgs. n. 33/2013 e della Determinazione n. 1134 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, solo a valle dell’offerta di Lufthansa per l’acquisizione di ITA dello scorso gennaio 2023 quindi dopo ben 15 mesi dall’avvio delle attività operative. La sentenza del Consiglio di Stato n 860/2023 che obbligava ITA Airways a rendere pubblici i criteri di selezione del personale assunto non è stata mai ottemperata.
Tutti i documenti “riservati per motivi industriali”, che non erano stati né pubblicati, né resi disponibili alle parti coinvolte richiedenti quali dipendenti, creditori, parlamentari, ecc. (tramite le procedure di accesso agli atti), erano stati però, paradossalmente, consegnati con moltissimi dettagli, in sede di “data room”, ai vettori concorrenti (Air France/KLM, Delta Airlines, Lufthansa Group) che avevano manifestato un interesse su ITA Airways.
Molti documenti di alcune Autorità/Istituti italiane ed europee (Enac, AssoClearance, Commissione Ue, Comitato Ets, Iata, ecc.) che riguardano ITA Airways, non sono mai stati pubblicati, in contrasto con la prassi consolidata per documenti aventi simile origine e contenuto.
I bilanci di esercizio di ITA Spa del 2021 e 2022, diversamente da tutti i bilanci delle aerolinee europee pubbliche e private, sono sostanzialmente illeggibili da un punto di vista industriale per la totale assenza di informazioni gestionali e di dettagli economico-patrimoniali.
La DG Competition Ue, forse in previsione di futuri ricorsi sul tema degli slot di Linate e visto anche il recente orientamento della Corte di Giustizia nei confronti delle recenti decisioni della Commissione Ue sul Trasporto Aereo [3], dichiarava, espressamente e in più riprese, di non essere mai intervenuta nelle decisioni relative al trasferimento delle attività da Alitalia a ITA, scaricando perciò totalmente le responsabilità sulle competenti autorità italiane.
La recente pubblicazione della relazione finanziaria sull’esercizio 2022 di ITA Airways, seppur redatta in forma non particolarmente trasparente, e le indiscrezioni che ci giungono dalle Sezioni Lavoro dei Tribunali, circa alcuni contenuti del “famoso” contratto di cessione (a 1 euro) del “perimetro Aviation” da Alitalia in AS a ITA Airways, ci consentono finalmente, dopo circa due anni dalla approvazione del Piano Industriale di ITA Airways, di poter ipotizzare una prima ricostruzione del percorso progettuale, giuridico ed economico intrapreso dallo Stato italiano per mantenere in vita e per poi inevitabilmente cedere agli stranieri una compagnia di bandiera italiana pro-tempore.
Vedremo nelle parti seguenti anche come lo Stato italiano ha cercato, negli ultimi sei anni, di “frodare se stesso”, mediante una continua e costante elusione e violazione delle norme nazionali ed europee, assumendo come unico dogma “o si fa una compagnia di bandiera o si muore” di stampo garibaldino. Tutto ciò senza mai riflettere compiutamente sul contesto normativo e di mercato e, anzi, utilizzando un proclama come “compagnia di bandiera” ormai desueto in Europa, appartenente a un sistema iper-regolamentato terminato da alcuni decenni e che infine mal si coniuga con le reali esigenze del Paese e dei cittadini in termini di presidio industriale, occupazione e copertura dei collegamenti “sociali”.
(1 – continua)
[1] Il progetto di bilancio relativo all’esercizio 2016, non è mai stato approvato dall’organo amministrativo in carica, in quanto la procedura di amministrazione straordinaria intervenne prima della necessaria delibera di approvazione.
[2] L’unica formale Decisione Ue sul caso Alitalia/ITA è, peraltro, del 10 settembre 2021 e stabilisce i termini del trasferimento delle attività di Alitalia ad ITA Airways. Venne peraltro resa pubblica solo nel dicembre 2021, ovvero ben due mesi dopo l’avvio delle attività della stessa ITA Airways.
[3] Vedi anche sentenza della Corte di Giustizia del 10 maggio 2023 di annullamento della decisone della Commissione Ue che autorizzava aiuti di Stato a favore di Lufthansa nel giugno 2020.
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