Se ancora ci sono dubbi su quanto la pena di morte sia tutto il contrario dell’applicazione della giustizia, ma solo una vendetta che lo stato dà ai parenti delle vittime per placarne l’ira e per autoproclamarsi giustiziere senza pietà, il caso in questione lo rivela una volta per tutte. E non è certo la prima volta. Anche l’ergastolo è una condanna senza pietà e possibilità di riscatto, il caso in questione lo rivela una volta per tutte. La pena di morte è la negazione di ogni possibilità di redenzione del colpevole, toglie ogni possibilità di pentimento, tratta la vita umana come oggetto di cui sbarazzarsi perché sottintende che il potere, lo stato, la magistratura, non sono in grado di valutare tutte le condizioni che hanno portato a un omicidio. Sentenzia, senza possibilità di appello. Inoltre non tiene assolutamente conto dell’errore giudiziario sempre possibile. Così è l’ergastolo, quanto di più anti democratico esista e se non stupisce che ad adottarla una di morte o condanne a vita siano paesi che non conoscono il concetto di democrazia, come i paesi islamici o i regimi dittatoriali come la Cina, stupisce che lo sia il paese che si considera la culla di ogni libertà, gli Stati Uniti.
LE SCUSE DEL GIUDICE
Tre uomini arrestati nel lontano 1983 con l’accusa di omicidio sono stati scarcerati dopo 36 anni di detenzione. Alfred Chestnut, Andrew Stewart e Ransom Watkins, ora ultracinquantenni, avevano 16 anni ed erano studenti di liceo quando finirono dietro le sbarre. I tre si erano sempre detti innocenti, ma essendo uomini di colore, le loro parole contavano ben poche. Riesaminando il caso, alcuni magistrati hanno trovato evidenti errori nel procedimento e hanno individuato il vero assassino, tale Michael Willis che aveva ucciso un 14enne per rubargli il giaccone. Willis era poi morto nel 2002 in una sparatoria. I tre condannati avevano sempre rifiutato possibili sconti di pena perché avevano preferito continuare a proclamarsi innocenti, una grande battaglia di giustizia. Hanno così passato in carcere la maggior parte della loro vita. “Oggi non è una vittoria – ha detto Marilyn Mosby, la procuratrice statale – ma una tragedia perché questi uomini si sono visti rubare 36 anni della loro vita”. Negli Stati Uniti i sostenitori della pena di morte sono sempre la maggior parte dei cittadini anche se un recente sondaggio ha visto erodersi il numero. “Mi scuso in nome del sistema giudiziario, anche se sono sicuro che questo significhi molto poco per voi” ha detto il giudice Charles Peters che li condannò. Ma le scuse non servono a niente, che a pagare adesso sia lui.