E’ stato l’ultimo fuoriclasse del tennis italiano. Adriano Panatta è nato a Roma il 9 luglio 1950 dove nel 1976 ha vinto gli internazionali d’Italia per poi andare a Parigi e trionfare anche al Roland Garros. Un’annata magica, conclusasi con la vittoria della Coppa Davis. Un palmares invidiabile, tanti tornei vinti, altre 3 finali di Davis raggiunte, i quarti di Wimbledon nel 1979. Conclusa l’attività agonistica è stato anche capitano della nazionale di Davis. Un personaggio entrato nella storia sportiva del nostro paese, infatti il regista Mimmo Calopresti sta girando un film-documentario, proprio in questi mesi, sulla sua vita, dal titolo “Memorie di Adriano”, che ricostruisce l’Italia di quegli anni, gli anni ’70, con lo sfondo delle vittorie di Panatta e la Roma di quel periodo storico. Adriano Panatta oggi è direttore editoriale della rivista Matchpoint. In questa intervista a il sussidiario.net racconta il mondo del tennis contemporaneo, i campioni che cerceranno di insediare la “dittatura Nadal” e il cronico momento no del tennis azzurro.
Come giudica il momento del tennis internazionale, è ormai una Nadal-dittatura?
Certo, Nadal è sicuramente un fuoriclasse, il giocatore più forte. Sulla terra battuta sembra proprio imbattibile e credo che al Roland Garros sia il favorito numero uno. Però nel tennis le cose possono cambiare da un giorno all’altro. Federer resta sicuramente il suo avversario più temibile. Come Djokovic. Ma credo che se Nadal arriva preparato a Parigi abbia pochi rivali. Poi a Wimbledon lo stesso Federer ha delle carte maggiori da giocare. Anche se Nadal ha già dimostrato tutto il suo valore anche su quella superficie. E’ il numero uno, non sono molti i giocatori che possono impensierirlo.
Il tennis italiano non passa un buon momento. Viviamo ormai di ricordi e non ci sono campioni, ormai da trent’anni, in grado di ripetere la carriera di Panatta. Perché?
I motivi sono tanti. Innanzitutto un campione non nasce in ogni momento. Ci vuole fortuna, nessuno può costruire un talento in laboratorio. E forse non dipende neanche dalla freschezza del movimento agonistico di una nazione. E’ vero, in Italia si respira una forte aria di crisi ma, per esempio, la Germania che ha un movimento tennistico molto valido non riesce più a esprimere campioni come Becker, Stich o Steffi Graf. Certo non siamo la Spagna, dove esiste una forte collaborazione tra tutte le varie componenti del tennis di quel paese, dai giocatori alla federazione agli allenatori. Dobbiamo sperare che le cose cambino al più presto.
C’è tanta nostalgia dell’era Panatta…
Si ma in questi trent’anni abbiamo avuto ottimi giocatori come Camporese, Canè, Gaudenzi, Furlan, Caratti. Non hanno vinto tornei del grande slam, ma sono riusciti, come Camporese, a imporsi in tornei importanti. Adesso la situazione sembra peggiorata. Almeno a livello maschile è una situazione difficile.
Il movimento femminile invece sembra più in forma…
Sì, certamente il movimento tennistico femminile va meglio, vive un buon momento. La Pennetta e la Schiavone hanno fatto risultati importanti. Oltre ad andar bene nella Federation Cup hanno ottenuto successi a livello individuale.
Il tennis è sicuramente cambiato in tutti questi decenni…
Senza dubbio, è cresciuta l’importanza dei materiali e della forza fisica, mentre è diminuito lo spettacolo rispetto a una volta. E’ un tennis agonistico dove si vedono più raramente i giocatori andare a rete, o esibirsi in colpi a effetto scenico. Un tennis che sicuramente, al di là dei principali campioni che stanno ai vertici, è noioso in molte partite. Questo non è un fatto positivo per lo spettacolo e per il pubblico. Ai miei tempi questo non succedeva.
Dobbiamo dimenticarci il tennis di Mc Enroe e i suoi duelli con Borg?
Come dicevamo è cambiato il tennis. Anche una partita tra Nadal e Federer, che sono due fuoriclasse, è interessante ma, certo, le partite tra Mc Enroe e Borg erano un’emozione unica. E poi anche quando giocavo io c’erano tantissimi campioni con doti tecniche fuori dal comune, come Orantes, Newcombe, Nastase, Ashe. Quello di oggi è semplicemente un tennis diverso, dove la forza fisica ha sempre più importanza. E dove di attaccanti ce ne sono sempre meno.
Come vede il futuro, ci sono giocatori di talento che possono essere protagonisti soprattutto a livello italiano?
Speravo molto in Bolelli, ma per ora ha un po’deluso le aspettative. Aspetto anch’io, come tutti, il campione che possa aiutare tutto il movimento tennistico italiano. Mi auguro che non passi troppo tempo…
(Franco Vittadini)