Chissà lassù nel cielo come avrà sorriso il conte Pietro Arvedi, storico presidente dell’Hellas e primo tifoso gialloblu, morto in un incidente di ritorno dalla gara con il Cesena nel lontano 2008, vedendo i suoi “butei” ritornare nel calcio che conta. «L’Hellas è una cosa che ti entra dentro: la sua storia, i suoi tifosi, l’affetto per questa maglia. Sono cose che ho visto e vissuto in questi mesi. Domenica erano in 30.000 in piazza Bra: come una festa Champions». Andrea Mandorlini, in questa intervista esclusiva concessa a ilsussidiario.net, dosa ogni parola per descrivere il ritorno nella serie cadetta della formazione veneta, dopo tanti anni di purgatorio. «Il Presidente Martinelli mi aveva promesso che entro due anni saremmo arrivati in serie A: resto per continuare il suo progetto». Intanto la sua barba incolta sta diventando un simbolo per i tifosi gialloblu, come il suo completo sul terreno di gioco: maglietta a maniche lunghe, piumino, jeans e scarpa nera. Identico da alcuni mesi. «Ma adesso il giubbotto lo regalo al museo dell’Hellas: rimarrà come un cimelio della promozione».
Mandorlini, aveva caldo a Salerno? Piumino, maglietta a mani lunghe…
Li ho sempre indossati in questi mesi: era la mia tenuta da panchina. Faceva caldo ma la tensione della partita e la gioia mi hanno fatto dimenticare tutto. Adesso il piumino lo regalo al museo dell’Hellas. Un cimelio della promozione del 2010-2011.
Altro elemento caratteristico è la sua barba: dicono che se la fa il lunedì e poi per una settimana niente rasoio…
La portavo così anche da giocatore. Poi non amo tanto farmela…
Partiamo dall’avvio. Il suo arrivo porta 6 pareggi di fila e la vittoria latita…
Giocavamo bene ma siamo stati sfortunati, sbagliando anche tre rigori di fila. I ragazzi sono stati bravi a non mollare, a lavorare senza perdere mai la concentrazione e l’entusiasmo.
Lei comunque, anche quando la zona play out si avvicinava, ha continuato a predicare calma…
Bisognava avere un po’ di pazienza e primo o poi i risultati sarebbero arrivati. Abbiamo iniziato a vincere, a giocare bene, a macinare punti e a salire posizioni in classifica fino alla zona play off.
Diciamocelo: quando Mandorlini credeva alla promozione?
Quando sono arrivato non ero nelle migliori condizioni. Arrivavo dal Cluj, dove avevo vinto un campionato; giocato a buoni livelli in Champions ma mi avevano allontanato in malo modo. E’ stata dura. Ho accettato la Legapro e Verona per ripartire. Ci ho creduto fin dall’inizio. Ero arrabbiato per quello che mi era capitato ma le gioie con l’Hellas mi hanno fatto cancellare tutto.
Insomma si è rimesso in gioco dopo l’esperienza al Cluj?
Piano piano ho iniziato ad amare questa città e la sua storia. Sono entrato nell’ambiente Hellas e nei suoi tifosi: loro sono il passato, il presente e il futuro. Sono cose per me indescrivibili.
C’è una bella scena che fa capire come il gruppo abbia fatto la differenza: Pichlmann che dalla panchina esulta ai gol di Ferrari che gli ha rubato il posto in attacco…
E’ un lavoro che ho fatto fin da subito, costruendo un gruppo, dovendo gestire una rosa ampia. Ho sempre tenuto in grande considerazione lo spogliatoio ma era chiaro che chi comandava era l’allenatore.
Ha già parlato con il presidente Martinelli?
Avevo parlato nei giorni scorsi e a prescindere da come sarebbe andata la finale: mi ha detto che voleva programmare con me il ritorno in Serie A nel giro di due anni. In B ci siamo arrivati: ora dobbiamo lavorare per portare il Verona dove merita.
La città non deve lasciare solo il Presidente…
L’Hellas è un bene per tutta Verona e il suo patrimonio sono gli oltre 30000 tifosi che domenica festeggiavano in centro città.
Mandorlini lei resta anche il prossimo anno. Sa che la panchina dell’Inter è ancora libera. Se chiama Moratti cosa fa?
(Ride n.d.r). Auguro all’Inter, anche da tifoso, di trovare il giusto allenatore. Se posso dirla tutta faccio il tifo per Sinisa Mihajlovic. La mia chiamata al momento è ancora prematura. E poi io sono l’allenatore dell’Hellas…
(Francesco Montini)