Roberto Mancini in questi giorni può godersi il primo posto solitario del suo Manchester City in classifica in Premier League, ma deve pure far fronte alle polemiche con due “mostri sacri” del calcio inglese, Steven Gerrard e Wayne Rooney. Motivo del contendere: le richieste di ammonizioni ai danni di giocatori avversari. Se in Italia il gesto di chiedere all’arbitro il cartellino giallo o rosso contro un avversario è diventata una prassi ormai consolidata, anche se antisportiva, nella terra di Albione resta una cosa che non si fa. Punto e basta, senza discussioni. Questo non vuol dire naturalmente che gli inglesi non lo facciano mai ma, quando succede, chi si macchia di un simile comportamento non solo si ritrova pubblicamente svergognato sui giornali (o su Twitter) come una persona che manca di fair-play, ma rischia pure una sanzione disciplinare della Football Association. Ne sa qualcosa appunto Roberto Mancini, che pure aveva iniziato questa vicenda nei panni dell’accusatore. Infatti, aveva accusato Wayne Rooney di aver incoraggiato l’arbitro Chris Foy ad espellere Vincent Kompany nel derby di FA Cup tra City e United. Ma subito dopo è stato “beccato” per ben due volte a chiedere l’intervento punitivo del direttore di gara per falli commessi ai danni dei suoi giocatori: prima contro Glen Johnson del Liverpool in Carling Cup e poi ancora contro Maynor Figueroa del Wigan lunedì sera. Ma se per il primo atto – che aveva causato un fortissimo diverbio con Gerrard nel tunnel verso gli spogliatoi – il tecnico del Manchester City aveva chiesto subito scusa, sul secondo ha glissato, lasciando intendere di non ritenersi in grado di influenzare un arbitro, come invece era riuscito Rooney. Due indizi fanno una prova? Per ora la FA non si è mossa, ma si dice che stia monitorando il comportamento del tecnico (che ritiene la sua squadra danneggiata da alcune decisioni arbitrali), pronta ad intervenire nel caso in cui Mancini dovesse ripetere il gesto nelle prossime gare. Ma se la federazione per ora tace, c’è però chi non riesce proprio a giustificare tali gesti da parte di un collega: si tratta dell’allenatore dei Wolves, Mick McCarthy, che ha accusato Mancini addirittura di “ignoranza culturale” per non riuscire a tenere a bada certi comportamenti:
“Nessuno di noi dovrebbe comportarsi così ed è qualcosa che davvero non mi piace. C’è una differenza culturale fra di noi, ma ora Roberto è in Inghilterra e deve cercare di adattarsi alla nostra mentalità, anche se sono certo che una volta che gli si è fatto notare il gesto sbagliato, non lo rifarà più. Ricordo che una volta minacciai di spaccare le dita all’ex numero due del QPR, Bruno Oliveira, se avesse continuato a chiedere il cartellino all’arbitro. Alla fine della partita l’allenatore, che era Paulo Sousa, si scusò dicendomi che faceva parte della loro cultura, ma io risposi che adesso loro erano nel nostro campionato e, quindi, nella nostra cultura e che dovevano perciò essere loro ad adattarsi a noi”.
(Mauro Mantegazza)