Ci sono tanti modi per festeggiare una qualificazione ai quarti di finale degli Europei di calcio. Quello scelto dal c.t. della Nazionale italiana Cesare Prandelli, dal vice-presidente federale Demetrio Albertini e da tutto lo staff dell’Italia non è certamente tra i più comuni, ma rivela una storia che merita di essere raccontata.
Nelle prime ore della mattinata di oggi, infatti, questo gruppo di “pellegrini” ha raggiunto a piedi la comunità di monaci camaldolesi che vive a una ventina di chilometri dal ritiro azzurro per Euro 2012. Raccontiamo questa storia fin dall’inizio: i legami tra Italia e Polonia sono storicamente molto profondi – basti dire che la Polonia è citata in una strofa del nostro inno, e viceversa l’Italia compare nell’inno nazionale polacco – e hanno base principalmente nella comune fede cattolica, aspetto molto sentito da queste parti. Legami che si sono ancor di più approfonditi durante i lunghi anni di pontificato di Giovanni Paolo II. Una piccola dimostrazione di questo rapporto si era avuta anche quando la Figc decise di collocare il proprio ritiro a Cracovia prima ancora di sapere se l’Italia sarebbe finita in un girone polacco o in uno ucraino. Fatto sta che all’inizio del ritiro, la Nazionale aveva incontrato – momento di pace in giorni tormentati dal calcioscommesse – questi monaci camaldolesi (ordine che ha la casa madre presso l’Eremo di Camaldoli, in provincia di Arezzo), e l’incontro si era concluso con questa promessa: “Se passiamo il turno, veniamo a piedi a trovarvi”. Detto, fatto. Una promessa del genere non poteva essere tradita. Una Nazionale in ritiro non può però permettersi di avere l’intero staff “in pausa” per una intera giornata, e quindi è stata inevitabile una missione notturna, iniziata attorno alle 3 di stanotte – quando la squadra è rientrata da Poznan. I giocatori scherzavano su questo, invitando mister, vice-presidente e staff ad andare a letto a dormire, ma la volontà è stata irremovibile, e la bizzarra comitiva si è messa in cammino, da perfetti pellegrini. “Il tempo di togliersi la divisa e infilarsi la tuta”, come recitava una nota della Figc, ed eccoli in marcia. Ventuno chilometri a piedi fino al convento dei frati camaldolesi, questa la distanza esatta da percorrere – una distanza certamente non trascurabile.
Tre ore e mezza circa di cammino, con i più giovani a fare l’andatura a ritmo più sostenuto e i più “stagionati” giunti con un distacco di 25′, come i velocisti in una tappa alpina del Giro. Gli ultimi sono stati accolti dagli applausi ironici dei primi, ma con la promessa dell’anonimato. Visita ai monaci, e poi il rientro in albergo alle 7.15. In auto.