Boiata è un termine che Giorgio Squinzi, amministratore unico della Mapei (azienda leader nel settore dei prodotti per l’edilizia), presidente di Confindustria e patron della squadra di calcio del Sassuolo, grande protagonista negli ultimi anni in serie B, utilizza con una certa frequenza in quest’ultimo periodo. Così aveva bollato, con una sintesi non elegantissima ma di certo molto efficace, la riforma del lavoro preparata dal ministro Elsa Fornero, e con lo stesso termine parla anche della situazione attuale nel mondo del calcio, annunciando così il proprio desiderio di disimpegnarsi dal Sassuolo.

La sentenza è lapidaria e non lascia grande spazio ad eventuali ripensamenti da parte di Squinzi: “Basta, troppe boiate. Tolgo il disturbo”. Messaggi preoccupati dunque sia per quanto riguarda la situazione politica ed economica, sia per quanto riguarda il mondo del calcio – fatte le debite proporzioni, naturalmente. Il sistema calcio non piace per niente a questo grande imprenditore: se ne sente vittima ed ora gli ha fatto perdere tutto l’entusiasmo con cui era entrato in questo sport dopo la fine della mitica avventura nel mondo del ciclismo, dove aveva costruito la squadra più forte del mondo. Nel calcio aveva scelto una realtà più modesta, ma i risultati comunque sono stati buonissimi: il Sassuolo è diventata una grande della serie B, e soprattutto nella stagione appena conclusa ha davvero sfiorato la promozione nella massima serie. Squinzi però si ritiene penalizzato, ed in particolare non ha digerito gli episodi decisivi nella semifinale dei playoff contro la Sampdoria: “Non c’è più spazio per Mapei nel mondo del calcio. In questi anni col Sassuolo abbiamo subito troppi torti – queste sono le amare parole di Squinzi a Linkiesta – e con quelli di questa stagione posso dire che la misura è colma. La partita con la Sampdoria è stato solo l’ultimo di tanti troppi torti arbitrali: quest’anno ci hanno tolto almeno dieci punti. Ne prendo atto e sono pronto a togliere il disturbo”. Nel concreto significa un disimpegno graduale, che Squinzi spiega così: “La mia amarezza si traduce in pratica nella decisione di non fare più investimenti sul calcio, tanto ho capito che ci sono delle logiche superiori dalle quali non si può prescindere. Ridurremo drasticamente l’investimento in attesa di trovare una via di uscita”.

Dunque il Sassuolo dovrà attendersi un “taglio deciso nell’ordine del 60-70% di costi: non rinnoveremo i contratti in scadenza più onerosi e venderemo i pezzi pregiati della squadra. Questo è il primo passo verso l’abbandono: l’entusiasmo è passato”. L’accusa verso il mondo del calcio è chiarissima: per Squinzi è “un ambiente nel quale è chiaro che fare risultati basandosi solo sul puro merito sportivo non è una priorità. Il bacino di tifosi ha un peso importante. La piazza fa la differenza e quella di Sassuolo per il mondo del calcio è poco appetibile”. Quindi Squinzi non vuole più investire soldi in questa realtà in un periodo di grave crisi economica, durante la quale la priorità va evidentemente alla sua azienda: “Il momento è molto difficile sul piano economico. Tutte le aziende si devono concentrare sulla loro vita, sulla loro capacità di rimanere competitive, c’è sempre meno spazio per investire sullo sport. Il prossimo passo? Se trovo un acquirente, vendo”.