Alla fine, una delle due storie di questo torneo si sarebbe dovuta interrompere sul più bello. Come quando aspetti con trepidazione il finale di un libro che ti ha catturato dalla prima all’ultima pagina, e scopri che le ultime righe non sono come te le aspettavi. L’happy ending non c’è stato per Andy Murray, che non riesce a cancellare il nome di Fred Perry da quella voce che dice “ultimo britannico a vincere a Wimbledon”. Ci ha provato, si era messo sulla buona strada, ma il cassetto dei desideri, dopo 3 ore e 24 minuti di battaglia, lo apre Roger Federer, che ci trova il settimo titolo ai Championships, il diciassettesimo negli Slam, la prima posizione mondiale e il numero di settimane più alto della storia in vetta al ranking ATP. Tutto in un pomeriggio, tutto in un match, chiuso con il punteggio di 4-6, 7-5, 6-3, 6-4. “Eguaglio Sampras, che è il mio eroe: incredibile”, ha ricordato Roger, mentre le due gemelline lo osservavano indicando e ridendo dalle braccia di mamma Mirka. Il Re è di nuovo lui, dopo tre anni (clicca qui per leggere ): nel 2009 aveva sconfitto Andy Roddick chiudendo 16-14 al quinto set, stavolta ha avuto bisogno di un parziale in meno, ma la fatica non è stata da meno. Dicevano fosse finito, il buon Roger, steso dai dolori alla schiena, condizionato dai giovanotti che avanzavano inesorabili e gli portavano via titoli, successi, cronache sui giornali. La carriera sembrava in declino, a seguito dell’ultimo successo in uno Slam, a Melbourne nel 2010; e lo era ancora di più quando Federer si è trovato sotto di due set e per sei volte a due punti dall’eliminazione nel quarto turno contro Benneteau. Si è rialzato, lo svizzero, ha ripreso a correre, e di autorità si è preso la finale, non prima di aver schienato il nuovo signore del tennis mondiale, quel Djokovic che nel 2011 era stato cannibale quanto ai tempi d’oro di Roger. In finale, Federer non ha trovato la sua nemesi Nadal, bensì l’idolo di casa Murray, lo scozzese chiamato a infrangere una maledizione. Con tutto – o quasi – il centrale a favore, con Ivan Lendl a osservarlo dal suo box (quel Lendl mai vincitore a Wimbledon), Andy è partito fortissimo: primo game, break. Poi una cavalcata, un altro break utile a riprendere il vantaggio che nel frattempo aveva perso, la chiusura per 6-4 sotto il ruggito di un campo centrale che si trasformava a ogni vincente dello scozzese in uno stadio sudamericano. Ma il Re non era qui in gita premio, e lo ha dimostrato subito: nel secondo set Murray ha avuto le occasioni per uccidere gara, avversario e scimmia sulla schiena, si è trovato per due volte sul 30-0 con il servizio di Federer che non funzionava bene ma non ha sfruttato. Il dodicesimo game è stato decisivo: break di Federer, 7-5 e tutto in parità. E poi, la pioggia: che ha interrotto la partita sull’1-1 nel terzo set, costringendo alla chiusura del tetto, e allora via con le illazioni. Favorito Murray perchè se la partita si allunga tiene di più, invece no perchè Federer è più esperto, sì ma sai con l’umidità la schiena che scherzi gioca. Naturalmente, aveva ragione il Re; che è salito 3-2, si è trovato sotto 40-0 con Murray che aveva il game in pugno ma incredibilmente si è fatto rimontare. Break di Roger, e set che è scivolato via agevole fino al 6-3. A quel punto, si è intuito, la finale di WImbledon è finita. Federer è salito di colpi, ha cominciato a giocare da campione qual è, ha trovato intensità nel servizio (chiuderà con il 69% di prime in campo e 12 aces, contro i 16 dello scozzese) e Murray ha trovato ben poche armi per reagire. Il pubblico ha provato a spingere il suo beniamino, ma l’ennesima delusione si è concretizzata quando Andy non ha chiuso uno smash e Federer, beffardo, gli ha inchiodato un lob sulla linea di fondo. Game, set and match: di lì a poco, Roger è crollato a terra piangendo, e minuti più tardi sollevava la coppa per la settima volta in carriera, sotto lo sguardo non troppo divertito di Kate Middleton che da buon membro della famiglia reale avrebbe preferito applaudire la vittoria di un suddito di Sua Maestà. “Grazie a tutti: parlavano tutti della pressione di giocare una finale di Wimbledon, ma con voi è stato tutto più facile”, ha detto Murray non riuscendo a trattenere le lacrime, prendendosi un’ovazione lunga quanto l’attesa che qualcuno cancelli quel nome che sta lì da anni e anni. “Hai giocato alla grande: prima o poi, sono sicuro, vincerai un titolo dello Slam”, lo omaggia Re Roger, prima di stringere il suo trofeo. Ce la farà, Murray: per come ha giocato oggi e in tutto il torneo, se lo merita. Ma non finchè Roger sarà in campo: il Re è lui, oggi – e di nuovo – anche per le fredde classifiche. Con buona pace di Djokovic e Nadal.
(Claudio Franceschini)