Ancora lui. Lo Special One, il Vate di Setubal, José Mourinho. Sono passati due anni e mezzo da quando l’allenatore portoghese ha lasciato l’Inter, eppure il legame con il mondo nerazzurro resta fortissimo. Si può dire che quasi ogni volta in cui Mou parla, arriva qualche dichiarazione d’amore per la società del presidente Moratti. Il servizio mandato in onda lunedì sera da una televisione portoghese (la TVI), non fa eccezione. José Mourinho, come abitudine, non usa giri di parole, ed esalta i nerazzurri: “L’Inter è il club in cui mi è piaciuto di più stare. Nessun altro mi ha regalato la stessa felicità. L’Inter è una famiglia e io appartengo alla famiglia nerazzurra per sempre. Quando l’ho lasciata ho pianto più di una volta. Ho vissuto in un ambiente fantastico, dalla Pinetina, dove ci si allenava, a San Siro”. Sono tanti i momenti intensi ripercorsi durante l’intervista. Il primo aneddoto inedito sul suo periodo nerazzurro riguarda lo scudetto 2008-2009: “Il mio primo scudetto all’Inter non lo abbiamo vinto in campo bensì al centro sportivo di Appiano Gentile. Era un sabato e il nostro inseguitore era il Milan, che nell’anticipo di quella sera era stato battuto (dall’Udinese ndR) rendendoci così campioni. Era la terzultima di campionato e noi dovevamo giocare il giorno dopo col Siena. Al centro esplose subito la baldoria, con tutta la squadra a chiedermi di andare a festeggiare in Piazza Duomo assieme ai tifosi. Io ho pensato: se ci andiamo non andremo a letto prima delle tre-quattro del mattino e poi scendiamo in campo stanchi e addormentati e la striscia di partite di fila sempre vinte finisce lì. No, non possiamo farlo: ‘Tutti a letto’ ho tuonato. Quando già ero in camera mia pronto a coricarmi bussa alla porta Júlio Cesar. Il suo era un grido di dolore, piangeva a dirotto: ‘Mister, dobbiamo andarci in Piazza Duomo, ci aspettano in migliaia. Se non ci andremo tu in vita tua non vincerai più niente’. Parole che sembravano una maledizione. Ho pensato: ‘Sono fregato’. Non sono superstizioso, ma quelle parole mi hanno lasciato traballante. Bene. Andiamoci tutti: e così è avvenuto. I tifosi quando ci hanno scoperto sono diventati pazzi. Siamo tornati ad Appiano verso le tre di domenica e i giocatori sono stati fantastici, dando tutto per non perdere l’imbattibilità e per non consentire agli avversari di dire che avevano battuto i neocampioni d’Italia”.



L’Inter infatti vinse 3-0 con le reti di Cambiasso, Balotelli e Ibrahimovic, completando nel modo migliore la festa per lo scudetto. “Questi ricordi, lo ripeto, mi procurano tanta nostalgia – ha aggiunto Mourinho –. Gioisco per i successi dell’Inter e soffro quando l’Inter viene battuta o fermata”. Mourinho ha un ricordo speciale persino per un trofeo tutto sommato minore, come la Supercoppa Italiana 2008, conquistata ai calci di rigore contro la Roma. Mou la ricorda così: “Fra l’altro, l’unica volta in vita mia in cui ho vinto ai rigori è stata la Supercoppa Italiana conquistata contro la Roma, il primo dei miei trofei nerazzurri. E’ che quando si va ai rigori per decidere il vincitore mi assale il panico. Così perdo sempre, comprese due semifinali di Champions League. Soltanto l’Inter mi ha regalato anche questa gioia”. Il momento più commovente arriva però quando rievoca il Triplete del 2010, in particolare le lacrime per la vittoria della Champions al Bernabeu e il lungo abbraccio con Marco Materazzi che di fatto sancì l’addio all’Inter. Davanti a tanto dispiacere, la domanda è d’obbligo: perché ha lasciato Milano per il Real Madrid? “Anch’io — ha risposto José — mi sono chiesto perché l’ho fatto. E’ giusto, allora, che lo spieghi. Era la terza volta che il Real mi proponeva la sua panchina. I miei amici dicevano: ‘Puoi essere un grande allenatore, ma se non sei campione con il Real Madrid ci sarà sempre nella tua carriera un qualcosa che mancherà, un buco sempre aperto’. Capello ce l’aveva fatta. Allora ho deciso di impegnarmi personalmente con Florentino Perez. E ci sono andato. Ma per l’Inter ho una nostalgia che è sempre presente”. Chissà che questa nostalgia non sfoci in un ritorno a Milano, prima o poi… Di certo, il ‘popolo’ nerazzurro gli vorrà sempre bene.

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