Il 9 novembre del 1993 Alessandro Del Piero era un esile ragazzino di 19 anni al suo primo anno con la Juventus. Giampiero Boniperti – non c’è bisogno di alcuna presentazione – lo aveva acquistato qualche mese prima dal Padova, la squadra con la quale aveva fatto il suo ingresso nel mondo del calcio professionistico a soli 16 anni, lanciato da Mauro Sandreani. Raccontano le cronache che Alex fosse destinato a fare il portiere; a sentire la madre che, come tutte le madri si preoccupano per la salute dei figli, temeva che le corse per il campo lo avrebbero fatto sudare e dunque ammalare. Non andò così: nel San Vendemiano Del Piero correva, sudava e segnava. Quando arrivò alla Juventus, i leader nello spogliatoio erano nomi importanti: Vialli, Kohler, Peruzzi. Soprattutto Roberto Baggio, quello del Codino e della maglia numero 10. In panchina c’era Giovanni Trapattoni, al terzo ed ultimo anno di un ciclo che non era riuscito a riportare la Juventus ai fasti del passato (era arrivata solo una Coppa UEFA la stagione precedente). Alex era solo un esordiente nel grande calcio, ma ragazzi che personalità: nella prima stagione, in coppia con Fabrizio Cammarata, guidò la Juventus Primavera alla conquista di scudetto e Viareggio, e nei ritagli di tempo si concesse il lusso di timbrare cinque gol in serie A, il primo di questi alla Reggiana, con un sinistro da appena dentro l’area a fissare il punteggio sul 4-0. Allora aveva la maglia numero 16: la numerazione ufficiale e fissa sarebbe arrivata solo nel 1995. Intanto, un anno prima, a Torino fu rivoluzione: fuori Trapattoni, fuori Boniperti (che era amministratore delegato), dentro la Triade Moggi-Giraudo-Bettega e soprattutto un nuovo allenatore, Marcello Lippi. Da allora iniziò la storia, quella che tutti conosciamo. Il tecnico di Viareggio capì subito di avere per le mani un giocatore speciale, e non si fece problemi a mettere da parte anche il Divino Baggio (favorito anche da un infortunio di quest’ultimo) per trovargli una collocazione nel tridente: Ravanelli-Vialli-Del Piero. I tre combinarono per 40 gol complessivi, e dopo nove anni lo scudetto tornò a Torino a seguito di un 4-0 sul Parma (stesso punteggio con il quale i bianconeri avevano liquidato i ducali l’anno precedente, data importante per Del Piero che – era il 20 marzo – aveva segnato la prima tripletta in serie A). Da allora, la storia diventa nota e dolcissima: Roberto Baggio si trasferì al Milan, e Del Piero divenne il primo giocatore della Juventus a vestire ufficialmente la maglia numero 10, quando anche l’Italia aprì alla numerazione fissa. Oggi è il 9 novembre del 2012: sono passati 19 anni, Del Piero ha raddoppiato la sua età rispetto a quel 1993, e la 10 alla Juventus l’ha indossata sempre e solo lui. Poco importa che nel frattempo il capitano sia volato a Sidney, indossi una maglia azzurro cielo e non una bianconera e giochi e segni (già tre gol) per una squadra australiana: la società torinese non ha ritirato ufficialmente la maglia, ma per capire cosa è stato Alessandro Del Piero per la Juventus basta riferire che a nessuno è stato concesso il privilegio di indossare quel numero. Perchè è passato troppo poco tempo, e perchè 290 gol in 705 presenze non si possono cancellare in tre mesi di preparazione estiva. Potremmo andare a citare dieci, cento, mille episodi: partendo dal primo gol alla Del Piero (gli almanacchi riferiscono che fu in un Napoli-Juventus, ma quello rimasto nella memoria collettiva fu segnato al Borussia Dortmund, nell’anno della vittoria in Champions League), passando…
… per la girata di Tokyo che regalò la Coppa Intercontinentale alla Juventus (quello che Alex ancora ricorda come il più emozionante), soffermandoci sull’esterno al volo con il quale affondò la Fiorentina di Ranieri (che lo avrebbe allenato, e a domanda su cosa volesse dire avere Del Piero in squadra citò quell’episodio). A ben guardare però, visto che ognuno ha il suo gol e il suo momento da celebrare, vogliamo festeggiare il suo trentottesimo compleanno ricordando due cose. La prima, il fatto che Del Piero non abbia mai vinto un Pallone d’Oro, e che questo sia un punto oscuro – tra i tanti – nella storia del premio francese; la seconda, quel 13 maggio scorso, quei 10 minuti di ovazione, cori e lacrime che lo Juventus Stadium gli ha tributato per la sua ultima uscita dal campo nel suo stadio. Quel giro di campo con sciarpe che gli cadevano ai piedi e che lui raccoglieva, mentre si giocava una partita che non interessava a nessuno. Vogliamo festeggiarlo così Alex, circondato dall’affetto di un popolo bianconero che ancora oggi lo inneggia, oggi che il suo nome non compare nella rosa ufficiale della Juventus ma che è più presente che mai. Auguri Alex. Torino o Sidney, capitano per sempre.
(El Merendero)