Compie oggi ottant’anni un film epocale, uno dei più celebri e citati dell’era classica del divismo hollywoodiano. Usciva infatti in anteprima il 26 novembre 1942 all’Hollywood Theater di New York Casablanca di Michael Curtiz, con Humphrey Bogart e Ingrid Bergman. Era allora in pieno svolgimento la Seconda guerra mondiale, fatto di cruciale importanza in quanto gli eventi storici che il conflitto conobbe in Africa settentrionale fanno da sfondo sia alla storia che alla realizzazione del film. Infatti, la produzione pensò di anticiparne l’uscita, prevista per la primavera del 1943, per sfruttare l’impatto mediatico – fattore, negli Usa, già allora determinante – dello sbarco alleato in Marocco (l’operazione “Torch”) e ricavarne di riflesso della pubblicità gratuita.



Tratto dalla piéce teatrale Everybody Comes to Rick’s di Murray Burnett e Joan Alison, mai rappresentata e acquistata dalla Warner Bros. per la cifra record di ventimila dollari, il film viaggia narrativamente su due binari, paralleli e magicamente convergenti: quello sentimentale da un lato, e quello noir/bellico dall’altro. In estrema sintesi, la vicenda narra di un ex contrabbandiere riparato a Casablanca, gestore di un locale alla moda (il mitico Rick’s Bar), che sacrifica l’amore per una vecchia fiamma in nome di lealtà e patriottismo, aiutandola a fuggire dalla città marocchina assieme al marito, eroe della resistenza all’occupazione nazista. Ne risultano bilanciati alla perfezione suspense, romanticismo, commedia e melodramma.



Esito non scontato, dovuto anche alle difficoltà produttive e realizzative, al copione rimaneggiato più volte e terminato durante le riprese, all’iniziale scarsa vena dei due attori principali. Circostanze poco favorevoli se non del tutto avverse, le quali, come quasi sempre accaduto nella storia del cinema, hanno fornito il più adatto humus creativo per la nascita di un capolavoro. Perché di ciò si tratta, a proposito di Casablanca: un film ormai tanto leggendario da trascendere ogni considerazione stilistica, estetica o poetica. Per citare Umberto Eco, “quando tutti gli archetipi irrompono senza decenza, si raggiungono profondità omeriche. Due cliché fanno ridere, cento commuovono”. E gli archetipi e i cliché di cui si tratta sono la fedeltà, l’amore, il coraggio, la morte onorevole, la devozione a una causa, l’amicizia virile. Cioè tutti quelli di tutte le storie vincenti e avvincenti, da Omero a Virgilio, dalla Bibbia ai poemi cavallereschi, da Shahrazad al Cervantes, e oltre fino ai giorni nostri.



Dato tutto ciò, non stupisce che Casablanca sia una delle opere filmiche più citate, omaggiate e parodiate della storia, sia in altri film che altrove nelle svariate rappresentazioni della cosiddetta cultura sottile (tv movie, fumetti, videogiochi, teatro). Due esempi su tutti: Provaci Ancora, Sam (1972) di Woody Allen (qui autore di tutto tranne che della regia) e Harry, ti Presento Sally… (Rob Reiner, 1989). Nel primo Allen, un cinefilo lasciato dalla moglie, tenta di conquistare un’amica seguendo i consigli di Bogart nei panni di Rick, che gli appare a più riprese come un fantasma. Poi la scena finale è la parafrasi di quella di Casablanca, anche nei dialoghi, dove Allen ripete alla Keaton le parole di addio che Bogart dice alla Bergman nel film, chiosando “sono di Casablanca, ho aspettato tutta una vita l’occasione di usarle”.

Nel secondo Harry e Sally, in montaggio alternato mentre entrambi stanno guardando il film in tv, conversano al telefono filosofeggiando sul significato del suo finale

Infine, dal mondo dei giornali a fumetti non poteva mancare una storia/parodia affidata ai personaggi firmati Walt Disney. È presente in un numero di Topolino uscito in Italia nel 1987, disegnata ad arte con sfumature di grigio per ricordare l’impatto visivo del film.

In Italia Casablanca uscì nel 1946 con significativi tagli di censura, atti soprattutto a eliminare i passaggi in cui la vicenda si sofferma sulla condotta italiana sia nella guerra a fianco dei nazisti che in quella autonoma per colonizzare l’Etiopia. Scelta più che comprensibile: la nascente Repubblica, appena uscita dalla guerra ed emancipatasi a fatica dal ventennio fascista, non era di certo ancora pronta al confronto storico, sia pure in forma mediata dal cinema, con i fantasmi del recente passato.

Tra gli altri primati ricordati, Casablanca detiene anche quello, in condominio con pochi altri film epocali, di aver ricevuto nel 1944 i tre Oscar principali: film, regia e sceneggiatura. Quando Michael Curtiz, alla sua quinta candidatura, finalmente vinse l’Oscar per la regia del film, ritirando il premio dichiarò: “;olte volte ho avuto un discorso pronto, ma niente da fare, l’eterno secondo. Ora che vinco non ho parole”. Così, anche noi non abbiamo altre parole da spendere per ricordare il triangolo amoroso, il night-club e la sequenza finale più celebri della storia del cinema. Il tutto in una sola parola: Casablanca. Semplicemente un film perfetto, che trascende la sua epoca per imporsi come racconto ab-soluto, senza tempo.

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