partita lo scorso 12 novembre su Fox Crime (canale satellitare di Sky) la serie tv dedicata al mostro di Firenze; una fiction che, a più di ventanni dallultimo fatto di sangue avvenuto nelle colline sopra il capoluogo toscano, si propone – quasi letteralmente – di riportare alla luce (dello schermo) il fantasma dellassassino seriale.
Presentata in anteprima al Roma Fiction Fest, Il Mostro di Firenze appare coerente con la proposta televisiva del canale che la ospita, da sempre interessato a proporre al pubblico racconti neri che spesso e volentieri mischiano fiction e realtà (per esempio documentari che sfruttano ampiamente le più consumate tecniche della narrativa o – caso più estremo – docureality).
Sia la produzione che lanima creativa de Il Mostro di Firenze sembrano continuare su questa linea editoriale: da un lato la casa produttrice Wilder confeziona prodotti audiovisivi che ritraggono omicidi in serie (Donne assassine, sempre per Fox Crime), dallaltro una squadra di sceneggiatori (Daniele Cesarano, Barbara Petronio e Leonardo Valenti) che è stata a lungo impegnata con lavori come RIS – Delitti imperfetti e Romanzo criminale e la regia di Antonello Grimaldi, il quale, con la seconda e la sesta serie di Distretto di polizia, si è dimostrato sensibile sia al racconto audiovisivo del fatto di cronaca, sia alla descrizione del contesto sociale che ospita le vicende narrate.
Ed è anche questa vocazione realistica a costituire una delle note interessanti della serie. Infatti, pur non volendo andare a ricostruire per filo e per segno il processo a Pietro Pacciani, ripercorre i medesimi luoghi degli efferati omicidi (oltre ad essersi servita di set naturali come vere aule di tribunale) e fonda la propria scrittura su alcune sentenze che hanno visto condannati i compagni di merende.
Tale opera di ricerca, di messa in luce del vero, sembra suggerire una parentela della serie stessa con un certo cinema (o, in questo caso, con una certa televisione) civile. Oltre alle sopraccitate questioni produttive, è lo stesso punto di vista adottato dalla narrazione che induce a pensare a questa vicinanza: il protagonista principale – Renzo Rontini, padre di una delle vittime del Mostro – incarna la volontà di conoscenza, di ricerca della verità, di ricerca della giustizia.
In secondo luogo, lo stesso Ennio Fantastichini, che presta il volto a Rontini, permette al telespettatore di ricollegare la serie in questione con quella forma di televisione: lattore è stato infatti importante interprete di serie come Borsellino o La Piovra 7, tanto per citare due titoli rilevanti.
Ciononostante Il Mostro di Firenze ha un’altra anima, legata alla sua natura di produzione spettacolare che si nutre dei generi della tv. I sei episodi, infatti, – come suggerisce lo stesso Grimaldi – tracceranno un percorso che attraverserà vari “colori del buio”: non solo il giallo – la detection – che impone una ricerca che termina con la scoperta del colpevole, o il thriller, ma anche il giudiziario e il melodramma familiare.
Il Mostro di Firenze vive dunque due vite: da un lato, si appropria necessariamente di consolidati elementi di genere (narrativi e figurativi) come lacrime, autopsie, spari e tracce di sangue. Dall’altro non rinuncia a entrare nel solco della tradizione dell’audiovisivo civile e di qualità (lo stesso Ennio Fantastichini, Bebo Storti e Aurelio Grimaldi in questo senso fungono quasi da testimonial).
In tal senso si può ipotizzare che la serie, nelle prossime puntate, riattivi la memoria del telespettatore riguardo ad alcune operazioni di ricostruzione delle medesime vicende che Rai Tre ha effettuato con trasmissioni come Un giorno in pretura nel 2002 e Blu Notte nelle stagioni 2003 e 2004.
L’influenza effettiva che questi programmi hanno avuto sull’impostazione della serie sarà valutabile con il proseguire delle puntate, sembra tuttavia davvero ipotizzabile che, come quelli, la serie di Fox Crime abiti con agio il buio ma metta in scena l’appassionata e dolente ricerca della verità.
(Andrea Favazzo)