Diversi quotidiani hanno avanzato alcune ipotesi sul perché un professionista avveduto come Ferruccio De Bortoli abbia rifiutato la presidenza della Rai poche ore dopo aver dato la sua disponibilità: impossibilità di svolgere un reale ruolo di garanzia, emolumento troppo basso, ruolo di mera rappresentanza senza alcun potere decisionale.
Tempo fa anche Paolo Mieli, sia pure molto tentato, dopo qualche giorno di riflessione aveva dato la stessa risposta. Lucia Annunziata ha impiegato un anno di tenace resistenza prima di gettare la spugna e dimettersi. Poiché tutti i giornalisti della carta stampata sognano di dirigere per un pò il Tg1, figuriamoci se non ci fanno almeno un pensierino ad andare a ricoprire un ruolo di grande prestigio come la Presidenza della Rai.
Dopo il rifiuto di De Bortoli, però, questo ruolo sembra sempre meno appetibile, e alcuni commentatori cominciano ad indicarlo adatto solo a qualche personaggio in fine carriera o talmente ai margini da accettare di fare finta di “guidare” un CdA già orientato dalla politica.
Il futuro presidente dovrebbe poi dare un’occhiatina ai fondamentali dell’azienda, che secondo alcuni sarà l’Alitalia prossima ventura. Certo non ha accumulato ancora gli stessi debiti…ma è il suo trend a spaventare gli analisti più avveduti: oltre 10.000 dipendenti, 3.000 precari con pieno diritto ad essere assunti, più del 60% delle produzioni acquisite all’esterno, costi e spese generali che crescono fisiologicamente del 3-4% all’anno, canone immodificato da anni e di fatto immodificabile, entrate pubblicitarie in vertiginosa diminuzione per la crisi contingente, per la diaspora di spettatori su altri canali e per l’invecchiamento delle reti. Mettendo sulla carta un grafico del genere, si vede apparire una forbice sempre più divaricata, con i costi che salgono sistematicamentre e le entrate che scendono drasticamente.
A fronte di una simile situazione viene da chiedere all’azionista e alla classe politica se in questo quadro di riferimento sia lecito che il Servizio Pubblico continui ad avere tre telegiornali diversi, che a parte l’impaginazione e le note politiche, mandano già in onda gli stessi servizi…ma con tre corpose redazioni diverse. (Chissà perchè la sempre citata BBC ha uno solo telegiornale…). Oppure se sia normale che i TG regionali abbiano un totale di 800 giornalisti! Se sia normale che si spendano oltre 40 milioni di euro l’anno per una testata come RAINews24 (aperta sperimentalmente oramai quasi 9 anni fa) che con oltre 100 operatori raggiunge circa 2500 ascoltatori al giorno sul satellite e 90.000 quando è “in chiaro” di notte su RaiTre! Se sia così ovvio che molti soldi del canone siano stati spesi per dotare il Centro Sportivo romano dei dipendenti Rai di piscine per grandi e piccini, campo di calcio illuminato, tennis, palestra, ristorante…manca giusto il golf.
E questi sono alcuni degli esempi più macroscopici: con maggiore dettaglio si potrebbero mettere in luce tanto macroscopiche duplicazioni di funzioni quanto discutibili consulenze esterne per aiutare uffici e reparti affollati di professionisti interni a svolgere il loro lavoro.
Un simile andazzo era già intollerabile prima, ma ora che a causa della crisi il Governo deve stare attento a come si spende ogni centesimo, sarebbe opportuno che il Ministro del Tesoro – tramite il suo consigliere – cominci a porre seriamente tali questioni: altrimenti non è credibile che imponga sacrifici a tutti tenendo stretti i cordoni della borsa…tranne che per la Rai. Forse sarebbe opportuno che anche la Corte dei Conti ci mettesse il naso. Non è un mistero per nessuno che la classe politica nel suo complesso ha avallato da sempre questo stato di cose: dalla nomina dei membri del CdA in giù, tutti i partiti hanno preteso e pretendono la loro fettina di influenza (chiamiamola così…) sul Servizio Pubblico, secondo una prassi addirittura scientificamente codificata dal famoso “manuale Cencelli”.
Circola da anni una famosa battuta che ben descrive le conseguenze dell’applicazione del manuale: “dobbiamo assumere un democristiano, un comunista, un socialista…e poi uno bravo”. Nel frattempo i partiti sono cambiati, ma la prassi è rimasta, contribuendo a far divaricare la forbice tra costi e ricavi in maniera pericolosissima.
Con un debito pubblico al 106%, come può permettersi l’Italia un nuovo caso Alitalia?
(Yoda)