Al centro dell’inchiesta principale della puntata di Report del 23 ottobre, c’è il federalismo fiscale: gli otto decreti attuativi del decreto approvato nel 2009 cominciano a produrre i primi effetti; ma anche le prime difficoltà e proteste da parte degli enti comunali italiani. 
Per la rubrica “C’è chi dice no”, Alberto Perino leader del movimento NO TAV in Val di Susa, spiega la protesta pacifica che hanno messo in campo per bloccare l’Alta Velocità Torino-Lione: in 1500 hanno comprato i terreni dove sarà costruito il TAV, opponendosi in ogni modo all’esproprio. 
Luca Chianca, torna a Roma con il servizio “Beni de’ Noantri”. Il Comune di Roma possiede 57 beni confiscati alle mafie, che dovrebbero essere assegnati a enti e associazioni che perseguono fini sociali, senza scopo di lucro. Chianca, citando alcuni casi eclatanti, dimostra come in realtà non sia così. 
“Vedo Pago Voto” è l’inchiesta centrale realizzata da Bernardo Iovene. Il federalismo fiscale: cosa cambia nella pratica per un cittadino di Trieste e uno di Napoli? E’ il tema al centro dell’inchiesta portante della prima puntata di Report della nuova stagione. 
In apertura, una conferenza stampa del ministro dell’Economica, Giulio Tremonti: “Il Federalismo fiscale è la più grande e storica riforma strutturale del Paese degli ultimi decenni”. Gli annunci del governo sono sempre incentrati sugli obiettivi che il federalismo si propone: gli enti locali potranno gestire le risorse in autonomia, attraverso un sistema che obbligherà le amministrazioni ad essere virtuose. 
Il criterio dei trasferimenti dallo Stato centrale verso gli enti locali è stata, fino a oggi, la cosiddetta “spesa storica”: il comune, la provincia e la regione ricevevano un quantitativo di fondi proporzionale a quanto avevano speso finora. Il federalismo fiscale prevede, invece dei costi standard: calcolati dalla “sose” – società del Ministero dell’Economia che ha calcolato i famosi studi di settore – sono i costi che un ente locale non può superare nell’erogazione di un determinato servizio o nell’acquisto di beni materiali. Il problema, secondo molti degli amministratori ed esperti intervistati da Bernardo Iovene, nasce quando lo Stato decide quali sono i servizi essenziali che un ente deve necessariamente erogare: aldilà della specificità di ogni territorio, è il governo centrale a stabilire quali sono le priorità di ogni ente locale.
Un’autonomia che, quindi, potrebbe risultare ridotta. Non solo. Gli enti locali dovranno spendere dei soldi che, in ogni caso, arrivano da Roma: il governo, infatti, trattiene gran parte delle imposte locali. Il punto al centro del dibattito a distanza tra gli enti locali e l’ad della “sose”, Giampietro Brunello è: gli enti comunali sono aziende oppure no? Un comune deve puntare al risparmio o a offrire servizi sociali buoni? I Comuni possono intervenire unicamente sull’Irpef fondiaria, sull’ICI sulla seconda casa (anche sui capannoni industriali), sull’IMU (Imposta Municipale Unica), possono aumentare fino allo 0,8% dell’aliquota Irpef. Per le province, l’unica possibilità d’incassare è aumentare l’RC auto. Per le Regioni, per ora sono previsti unicamente dei modelli di base per quanto riguarda la sanità, senza altre previsioni d’imposte. In soldoni davvero poco. La controproposta di alcuni sindaci intervistati è: lasciate a noi amministratori la cedolare secca sugli affitti e le imposte catastali, così da realizzare una vera autonomia finanziaria degli enti locali. 
Altre problematiche nascono dal fondo di perequazione: un fondo gestito dallo Stato centrale che eroga soldi a quegli enti che non riescono a pagare i servizi essenziali con i fondi che ricevono dalle tasse. Un sistema di sicurezza per garantire diritti minimi per tutti.Le difficoltà potrebbero nascere dal 2014, quando lo Stato potrà tagliare in maniera lineare tali trasferimenti agli enti locali, se si trova in una situazione contabile difficile. Un evento simile si è verificato con le ultime manovre finanziarie che hanno tagliato indiscriminatamente i trasferimenti ai Comuni, mettendo in difficoltà sindaci e amministratori, le cui voci di protesta Iovene ha raccolto in piazza. 

Un esempio di buon federalismo è la provincia autonoma di Trento: il servizio mostra le differenze tra un piccolo comune bellunese e la comunità trentina di Primiero. Per quantità e qualità di servizi Primiero è nettamente migliore. Riesce a fornire un welfare unico in Italia; grazie anche al fatto che trattiene il 90% delle tasse nelle proprie casse. Un sistema virtuoso che rischia il fallimento a causa delle politiche economiche dei costi standard e dei servizi essenziali. 
L’inchiesta si chiude spiegando il sistema del “fallimento politico”: un sindaco o altro amministratore di un ente locale che non riesce a tenere i conti in ordine viene automaticamente rimosso. Sulla questione esprime i propri dubbi Vasco Errani, presidente della commissione Stato-Regioni: “Se il governo decide di tagliare i fondi alla sanità e io, presidente di Regione, pur di mantenere i servizi essenziali creo un deficit nel mio bilancio non posso essere cacciato: che diritto ne ha il governo?”