Mani pulite di ieri e di oggi. Il video. Servizio Pubblico, in onda con la puntata “Le mani pulite” a vent’anni dall’arresto di Mario Chiesa, che ha dato il là alla poderosa inchiesta Tangentopoli, ha come sempre dato spazio all’editoriale di Marco Travaglio, vicedirettore di Il fatto quotidiano e presenza fissa a Servizio Pubblico. Travaglio offre una revisione di quelle che sono le scuse e le giustificazioni che i politici accusati e messi sotto processo hanno offerto in questi anni alla stampa e ai giudici. Travaglio sostiene che, laddove all’estero le giustificazioni sono diverse e variegate, in Italia, dalle origini, sino ad oggi, sembra che sia diventato difficile perfino ricevere una scusante valida e ragionevole. L’excursus, ironico e polemico, parte dalla lettura degli atti dei processi e di vicende, partendo da Mani Pulite e dalla vicenda Craxi. Quando Mario Chiesa venne arrestato, Craxi rispose alle accuse di fronte al Parlamento, sostenendo la tesi che il mariuolo Chiesa rappresentasse soltanto una mela marcia all’interno del partito. A quel punto Chiesa rilanciò distribuendo le responsabilità su tutto il partito socialista. Cirino Pomicino in processo, sostiene Travaglio, sarebbe stato fra i più spiritosi, poichè precisò non solo che non avrebbe mai potuto farsi corrompere per una cifra così bassa, ma anche che i soldi sarebbero stati utilizzati come contributi elettorali anticipati per la campagna elettorale, addirittura dell’anno successivo. Le scuse che i politici avrebbero accampato sono particolarmente variegate: umoristico è il solo fatto che Cirino Pomicino giustifichi all’oggi la sua presunta innocenza sostenendo che avrebbe ricevuto in processo più assoluzioni che condanne. Berlusconi, invece, di fronte alle società off-shore di cui negava la proprietà, avrebbe trovato invece una ragione estetica, quando affermava che lui non avrebbe mai potuto scegliere per una società estera un nome brutto come quello. Travaglio prosegue con i casi della Seconda Repubblica. Previti, in merito ai soldi trasferiti all’estero per conto di Berlusconi, avrebbe detto al giudice che non si trattava di corruzione, ma solo di evasione fiscale. In Italia si usa utilizzare il reato minore per coprire il reato maggiore. Quando il tribunale chiede l’autorizzazione all’arresto di Previti, la Camera non trovò altra formula per respingere l’autorizzazione a procedere, se non nel dichiarare che i reati di cui è accusato e le prove relative erano così numerose, che Previti non potrebbe inquinarle tutte.
Negli ultimi anni, invece, con le intercettazioni le prove non possono essere sostenute con la bugie. Con Bertolaso invece la corruzione avrebbe cambiato le formule e le modalità: le tangenti sono ricevute in termini di favori dati e ricevuti da costruttori ai suoi dipendenti, e le tangenti di Bertolaso si esplicano in massaggi sexy, e denaro contante per soli cinquanta milioni. La scusa che viene esibita dai collaboratori di Bertolaso, è che non avrebbe mai potuto farsi corrompere, poichè Bertolaso ha troppe cose da fare. L’ultimo caso dato alla stampa sarebbe poi quello dei celebri due terzi della casa che sarebbero stati pagati a sua insaputa da Scajola: situazione già di per sè suggestiva, a cui si aggiunge il fatto che questi si è dimesso dicendo che la casa l’avrebbe venduta, senza averlo mai fatto. Travaglio poi parla di Tommaso di Lernia che è, invece, definito dagli atti processuali, come una sorta di bancomat per diversi partiti. Le scuse, per quanto riguarda quegli episodi di corruzione, sarebbero semplici: quando, secondo e indagini emerge che avrebbe portato del denaro contante a Casini nel suo ufficio, la scusa che i collaboratori di Casini avrebbero trovato la scusa che Casini non avrebbe mai uffici al partito. Relativamente alle indagini nella Regione Lombardia, Renzo Bossi avrebbe difeso Boni con molta convinzione dicendo: Boni, avrebbe corrotto? Non penso. Formigoni, in un consiglio regionale in cui sono indagati quasi tutti i membri della giunta, sostiene non essersi accorto di nulla. Su Berlusconi invece Travaglio ironizza sul tema del processo breve, da lui proposta come soluzione al nodo della giustizia. Berlusconi avrebbe, con le sue scuse, proposto l’acquisizione di innocenza per via di autocertificazione, una prassi secondo cui il giudice domanda all’imputato del reato di cui è accusato, e l’altro direbbe, che, dopo tormentate riflessioni e tribolazioni posso dire di essere innocente. La riforma della giustizia da lui proposta non è quella del processo breve, ma brevissimo. Il video alla pagina seguente.