Servizio Pubblico, intervento Marco Travaglio del 19 aprile 2012 La puntata andata in onda ieri sera di Servizio Pubblico si è aperta con un “Va Pensiero”, sulle cui note il conduttore Michele Santoro ha esposto la consueta copertina. Nell’appuntamento di ieri si è parlato dei finanziamenti ai partiti, in particolare dopo lo scandalo che sta ancora investendo la Lega Nord. Si ripercorre però la storia dei finanziamenti pubblici rivolti alle formazioni politiche, e Marco Travaglio, vicedirettore de Il Fatto Quotidiano, parla nel suo consueto editoriale della storia dei soldi ai partiti, della pubblicazione delle leggi elettorali, dal loro esordio ad oggi, ripercorrendo i temi principali, che hanno come comun denominatore l’interesse personale dei politici che si sono intercambiati negli anni. Travaglio ha quindi cominciato il suo intervento con un cenno storico: nel 1993 ci fu un referendum che vide il 93% degli italiani votare a favore dell’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, reso poi vano da un intervento postumo dell’allora ministro del tesoro Carlo Azeglio Ciampi. I cittadini avrebbero così dovuto versare la somma di 1700 delle vecchie lire per finanziare la classe dirigente. Qualche anno più tardi Prodi cercò di rimediare con una legge che dava la possibilità di scelta alle persone di versare, se avessero voluto, una somma pari al quattro per mille della denuncia dei redditi. Ci si accorse però molto presto del crollo vertiginoso dell’affluenza economica, così da indurre l’ex ministro del tesoro, Vincenzo Visco, a rivedere nuovamente la legge sul finanziamento pubblico, riportando le casse dei partiti colme come ai tempi del socialismo Craxiano. Non soddisfatti dei risultati, continua a spiegare Travaglio, nel 2002 ci fu un implementazione della legge, cambiando denominazione da finanziamento a rimborso, della durata di cinque anni, anche se il governo, la camera, il senato o qualche partito avesse subito scioglimento o fosse sparito del tutto. Da qui in poi inizieranno tutte quelle storie che si sono avvicendate negli ultimi anni, fatti per lo più di misteri e di poca credibilità. Secondo il giornalista, per un rimborso totale di cinquecento milioni di euro effettuato a favore dei vai partiti, la spesa effettiva è stata di cento milioni. I restanti quattrocento sono finiti nel dimenticatoio, nel pozzo in cui non si vedrà mai il fondo. Ad aggravare una situazione già di per se drammatica, ci si mettono anche i tesorieri, fautori di investimenti poco chiari e di sparizioni degne del migliore dei maghi.
I capipartito, o i loro colonnelli, non si prodigheranno mai in denunce a sfavore dei loro contabili, poiché, quasi sicuramente, sono coloro che fungono anche da banca informazioni, mettendo a repentaglio l’incolumità di un sistema corroborato già alle basi. Travaglio continua a spiegare che i protagonisti della vita politica contemporanea, Alfano, Bersani e Casini, quelli che sono diventati ultimamente l’ABC della politica, sembrano disinteressati completamente dalle ultime vicende, occupati, a quanto pare, da problemi di ben altra natura. Secondo il “fantastico trio”, sarebbe drammatico ridurre o eliminare l’affluenza di denaro ai partiti, scelta che porterebbe inevitabilmente la richiesta di aiuto a forme di contribuzione diverse, come quelle delle lobbi o dei privati, comportando una minore libertà di scelta per eventuali scelte sociali. Marco Travaglio conclude il suo intervento raccontando le peripezie che vedono coinvolto Lusi, che non si è accorto di chi ha usufruito della sua carta di credito, e di Formigoni, ex presidente della regione Lombardia, il quale, misteriosamente, non ricorda di essere stato in vacanza in un isola tropicale, ma soprattutto non ricorda chi ha pagato l’alloggio di un albergo da quarantamila euro a settimana al suo posto. Sicuramente se riuscirà a scoprirlo, conclude Travaglio, il malcapitato avrà giorni duri a venire.