Santoro sfida Monti: entro un paio di giorno lex giornalista Rai, ora conduttore del talk politico Servizio pubblico, in onda su una piattaforma multimediale di reti, presenterà il suo curriculum per aspirare alla carica di Direttore Generale della Rai. Ad accompagnarlo, Carlo Freccero, che si candida invece per la presidenza. Facendo leva sul Governo di tecnici, Santoro si appella a una selezione delle nomine che parta dal merito e non dalla spinta dei partiti. Dopo una tre giorni di esposizione mediatica, iniziata a Tv Talk sabato, passata poi a In 1/2h, il Festival del Giornalismo di Perugia e Otto e mezzo, lex disturbatore della televisione pubblica, fa appello al Presidente del Consiglio, a pochi giorni dal pronunciamento della Commissione di Vigilanza dei vertici Rai, chiedendo di anticipare le decisioni dei partiti. Un contropiede in piena regola che Massimo Bernardini, conduttore e co-autore di Tv Talk che ha accolto Santoro nel suo studio proprio qualche giorno fa, giudica intelligente e pertinente. «Del resto – dice – la garanzia del pluralismo va troppo stretta a questa televisione. La logica dei partiti ha stufato.
Dunque, secondo lei, è una proposta credibile?
Essendo stato ospite proprio sabato a Tv Talk, posso dire che è una provocazione, ma racchiude in sé un contenuto operativo. La provocazione nasce del fatto che non credo che Santoro sia il candidato giusto per un ruolo simile e non perché non sia adeguato a una funzione dirigenziale, anzi. Da tempo sostengo, infatti, che sarebbe uno strepitoso direttore di rete per la Rai, poiché ha il know-how necessario per dare unimpronta a una rete e oltretutto questo lo toglierebbe dal compito di conduttore, che lo impegna da molti anni e di cui anche lui forse è stanco. Le sue competenze, inoltre, vanno ben oltre la conduzione: ha una conoscenza profonda delle tecniche di montaggio e sa coltivare e guidare ottime redazioni. Guardiamo solo ai giornalisti che ha forgiato e che sono ormai personaggi tv: Costamagna, Formigli, Iacona.
E più adatto, quindi, a un ruolo più tecnico.
Certo, soprattutto, per una Rai come quella di oggi che vive una grossa crisi di identità, ma soprattutto, editoriale: Santoro potrebbe essere la figura più adatta.
Perché allora non Direttore Generale?
In questa posizione oscillerebbe fra lo sprecato e l’inadatto. Anche perché, in Italia, un ruolo del genere in Rai, è prigioniero di un rapporto con la politica più che un vero manager televisivo. A differenza degli altri paesi, ad esempio in Spagna o nel Regno Unito, dove il servizio pubblico ha sempre un rapporto organico con la politica, il dg è sempre un uomo che viene dal mercato e che non vive continuamente sotto la pressione dei partiti. L’Italia rappresenta un’anomalia che poco si adatta a Santoro che, come sappiamo, è abbastanza avulso dalle logiche di partito.
Secondo lei, garantirebbe la pluralità dell’informazione?
A mio parere sarebbe bilanciato, anzi. Santoro rappresenterebbe un’operazione molto astuta. Mentre il Santoro che è garante solo di se stesso e detentore del proprio talk show possiede una certa faziosità, il Santoro-dirigente non se la potrebbe permettere perché sarebbe obbligato a dar voce a tutti. Vorrei, però, fare un ragionamento più esteso.
Prego.
C’è un aspetto interessante sulla scia di questa provocazione. Dalla fine di marzo il consiglio d’amministrazione della Rai sarebbe, come da statuto, già scaduto. Il meccanismo della nomina dei nuovi organismi non è trasparente: la commissione di vigilanza parlamentare che nomina una parte del CDA che a sua volta elegge il direttore generale. Ci si rende conto che questo meccanismo non è trasparente poiché non c’è una lista di candidati ma più che altro i maneggi della politica? Santoro, con la sua provocazione, ha sollevato il problema poiché chiede che si parta dai curricula e non dalle investiture.
Lei giudica un caso che la proposta di Santoro sia avvenuta durante un governo “tecnico” e che basa il suo esecutivo sul ruolo e non sul nome?
Certamente. I vari ministri sono stati nominati in base al curriculum e al loro background e la Rai, maggiore azienda culturale del Paese, deve essere nominata con lo stesso criterio. Voglio ricordare che prima dell’attuale Direttore Generale, Lorenza Lei, è stato nominata una persona che non aveva la più pallida idea di quali fossero i meccanismi televisivi e il suo curriculum non comprendeva nemmeno un’esperienza nel piccolo schermo.
Santoro a parte, questo Governo riuscirà a “spartitizzare” le nomine ai vertici della Tv pubblica?
Non mi faccio delle illusioni, ma sarebbe bellissimo. C’è una stortura di fondo nella governance della Rai che continua a essere legata alla politica e costituiamo un caso unico al mondo. La Commissione di Vigilanza Rai è formata da parlamentari che si riunisce solo per controllare e scannerizzare i programmi e questo esiste solo nel nostro Paese. O perlomeno in nessuna democrazia europea occidentale.
Quindi, auspica una pulizia dalla base?
Il meccanismo deve essere rivisto completamente. La Commissione di Vigilanza è formata da persone, che a parte il Presidente Zavoli, non capisce nulla di televisione e non trovo che sia neppure attrezzata per valutare i curricula che, eventualmente, devono vagliare. I membri della CdV sono soltanto interessati, con cronometro alla mano, a fare attenzione che i telegiornali Rai dedichino lo stesso spazio al proprio partito rispetto agli altri. L’urgenza per l’azienda per cui lavoro è avere una classe dirigente che capisca il prodotto e non che sia costantemente impegnato a curare che i servizi dei tg nel rispetto del cosiddetto pluralismo; a parte il fatto che non se ne può che si misuri il servizio pubblico in base al minutaggio dedicato a Gasparri o, dall’altra parte, a Vendola. Ecco, perché la provocazione di Santoro è interessante.
Perché Santoro quando può torna come ospite in Rai e ora presenta la sua candidatura per i ricoprire un ruolo al vertice, quando ha creato un programma come “Servizio pubblico”, unico nel suo genere perché innovativo nella formula?
Durante la mia trasmissione, Santoro ha spiegato che non tornerà indietro e, se anche andrà in onda su un canale generalista (si parla di La7), manterrà la sua indipendenza. Più interessante, ripeto, più per il dibattito che ne può scaturire che nel merito, la sua proposta di candidarsi a Direttore Generale.
(Federica Ghizzardi)