La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha messo “fuori legge” il Crocifisso nelle aule delle scuole italiane. Non è posto per un simbolo religioso in grado di turbare la sensibilità dei non cattolici. E’ questo quanto emerso da un pronunciamento della corte in merito a un ricorso presentato da una cittadini italiana di origini finlandesi Soile Lautsi Albertin.



La storia del ricorso

La Lautsi ha deciso di portare a Strasburgo nel 2006 una vicenda giudiziaria che in Italia aveva cominciato a portare in tribunale nel 2002. I figli della Lautsi – all’epoca ragazzini di 11 e 13 anni – frequentavano l’Istituto statale «Vittorino da Feltre» di Abano Terme (Padova). Durante una riunione del Consiglio d’istituto, il padre dei due ragazzi, ateo convinto, chiese di togliere i crocefissi dall’aula, ma qualche mese dopo la direzione della scuola gli comunicò che sarebbero restati al loro posto.



A quel punto la signora Lautsi iniziò una battaglia legale contro la decisione della scuola, prima davanti al Tar del Veneto, poi presso la Corte Costituzionale e, in ultimo, davanti al Consiglio di Stato. In tutti i casi la giustizia italiana arrivò alla medesima conclusione: i crocefissi dovevano restare nelle aule scolastiche così come stabilito tra l’altro dal regio decreto 965, articolo 118, del 30 aprile 1924. Da qui la decisione di ricorrere al Tribunale dei diritti dell’Uomo di Strasburgo che si è pronunciato ieri.

 

Le conclusioni di Strasburgo

 

Il crocifisso appeso nelle aule scolastiche è una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni. E’ questo in sintesi il cuore della sentenza emessa all’unanimità da sette giudici della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo:? Vladimiro Zagrebelsky (Italia), Ireneu Cabral Barreto (Portogallo), Danute Jociene (Lituania), Dragoljub Popovic (Serbia), Andras Sajò (Ungheria), Isil Karakas (Turchia), e la belga Francoise Tulkens, che presiedeva il tribunale.



 

Così l’affaire Lautsi, come si legge nell’incartamento, è deflagrato in Italia in modo ben più grave della richiesta di risarcimento di danni morali (quantificata in 5000 – cinquemila – euro) che il Governo italiano dovrà versare alla famiglia dei due ragazzi.

 

Secondo i giudici, la violazione dei diritti della signora e dei suoi figli deriva dal fatto che «lo Stato è tenuto a conformarsi alla neutralità confessionale nell’ambito dell’educazione pubblica perchè studenti di tutte le religioni o atei sono obbligati a seguire le lezioni e lo scopo della scuola è di accrescere la capacità degli alunni a pensare criticamente».

 

La Corte non è stata in grado di comprendere, si sottolinea nella sentenza, come l’esposizione nelle classi delle scuole statali di un simbolo che può ragionevolmente essere associato al cattolicesimo possa servire il pluralismo educativo che è essenziale nel preservare una società democratica, così come concepita nell’ambito della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Per questo i giudici hanno concluso che c’è stata una violazione dell’ articolo 2 protocollo 1 (diritto all’istruzione) e dell’articolo 9 (libertà di pensiero, di coscienza e di religione) della Convenzione.

 

 

Le conseguenze pratiche della sentenza

 

La sentenza emessa oggi non mette tuttavia la parola fine alla questione. Il governo italiano ha tre mesi di tempo per presentare il ricorso, dopodichè spetterà alla Corte se accettarlo o meno. Se Strasburgo risponderà affermativamente, si allungherebbero i tempi per arrivare ad una sentenza definitiva, che potrebbe anche stravolgere quella odierna. Ma chi conosce i pronunciamenti della Corte in materia di laicità dello Stato lo ritiene improbabile.

 

Nel caso il ricorso del governo non fosse accettato, invece, entro tre mesi la sentenza emessa il 3 novembre diverrà definitiva ed il governo italiano dovrà innanzitutto pagare i 5 mila euro di risarcimento per danni morali alla signora Lautsi e poi trovare una soluzione per ovviare ad altre cause simili che potrebbero essere sollevate, con conseguenti ripetuti richiami da parte di Strasburgo.

 

Le reazioni del Governo italiano

 

Non si è fatta attendere la replica del governo italiano, che ha annunciato ricorso. Il caso quindi, se il rinvio sarà accolto, nei prossimi mesi proseguirà il suo iter davanti alla Grande Corte, quella formata da diciassette giudici.

 

Il crocefisso, si spiega nella sentenza che in Italia ha suscitato un coro di critiche, ha molti significati, ma quello religioso è quello predominante. Quindi, la sua presenza nelle aule scolastiche può essere facilmente interpretato dagli alunni di tutte le età come un segno religioso e questo condurrà i ragazzi a ritenere di essere educati in un ambiente scolastico marcato da una determinata religione.

 

 

I commenti

Bersani (Pd): buon senso vittima del diritto. Vaticano: sentenza miope

 

Il ministro degli Esteri Franco Frattini ritiene che l’atto abbia «dato un colpo mortale all’Europea dei valori e dei diritti» e per questo «il governo farà ricorso», attraverso il rappresentante italiano presso la Corte europea Nicola Lettieri.

 

Il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani ritiene che «su questioni delicate qualche volta il buon senso finisce per essere vittima del diritto. Io penso che un’antica tradizione come il crocefisso non può essere offensiva per nessuno».

 

Parole apprezzate dallo scrittore Giampaolo Pansa, che a ilsussidiario.net ha dichiarato: «Sono molto d’accordo con quanto ha dichiarato Pierluigi Bersani: il crocefisso nelle scuole non offende nessuno. Nella mia vita ho visto tante volte il crocefisso nelle aule di scuola e poi negli uffici di lavoro, spesso affiancato dall’immagine del Presidente della Repubblica. Devo dire che non mi ha mai turbato. Penso che sia una decisione sbagliata e priva di senso, frutto di istituzioni che probabilmente hanno qualche pregiudizio nei confronti della religione cattolica. Dico questo pur non essendo un cattolico».

 

 

Per padre Federico Lombardi, portavoce del Vaticano, «la religione dà un contributo prezioso per la formazione e la crescita morale delle persone, ed è una componente essenziale della nostra civiltà. È sbagliato e miope volerla escludere dalla realtà educativa».

 

Il presidente della Camera Gianfranco Fini si augura che la sentenza «non venga salutata come giusta affermazione della laicità delle istituzioni, che è valore ben diverso dalla negazione, propria del laicismo più deteriore, del ruolo del Cristianesimo nella società e nella identità italiana».Il Presidente del Senato Renato Schifani ha invece accolto la notizia con «amarezza».

 

Il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha spiegato che «la presenza del crocifisso in classe non significa adesione al Cattolicesimo ma è un simbolo della nostra tradizione. Nel nostro Paese nessuno vuole imporre la religione cattolica, e tantomeno la si vuole imporre attraverso la presenza del crocifisso».

 

Ezzedin el-Zir, portavoce dell’Unione delle comunità islamiche in Italia ricorda che «noi come musulmani non abbiamo mai chiesto l’eliminazione dei crocefissi dalle aule scolastiche».

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