Un incontro personale, ma anche un momento di contatto tra due parti di Italia che finalmente si guardano in faccia con un sentimento nuovo. Lo sguardo e l’abbraccio fra la vedova Calabresi e la vedova Pinelli avvenuto sabato al Quirinale segna una pagina importante nella nostra storia. Una pagina certo non facile da scrivere: ancora ieri lo sfregio delle scritte sui muri a Torino che di nuovo farneticano su un “Calabresi assassino”.
Ma la forza di quelle due donne ha già vinto anche su questi episodi, colpi di coda di un risentimento ideologico duro a morire. Perché quello che è accaduto sabato, come spiega Gemma Calabresi, segna una «pacificazione» ormai definitiva.
Signora Gemma, in queste ore ha forse avuto modi di far sedimentare l’emozione, sua e di molti italiani, per l’evento di sabato: qual è stato per lei, a livello personale, il valore dell’incontro con la vedova Pinelli?
Quello che mi rimane di questo avvenimento è un sentimento di profonda pacificazione interna, di una forte tenerezza. Le emozioni sono state davvero molto forti, così come anche la tensione. Sono passati quarant’anni, e in tutto questo tempo io e la vedova Pinelli non ci siamo mai incontrate. La prima cosa che dunque mi viene da dire adesso, col senno di poi, è semplicemente: «Perché?». Che assurdità! Aspettare quaranta lunghissimi anni, e trovarci in tutto questo tempo ad essere contrapposte, quando in realtà avevamo un dolore che ci accomunava. Perché, come dico sempre, sono profondamente convinta che il dolore e la sofferenza accomunino le persone.
Quale risposta si è data sul motivo per cui è passato tanto tempo prima di questa pacificazione?
Da una parte c’è stata tutta una serie di eventi esterni alla nostra volontà, riconducibili al fatto che si è sempre voluto contrapporre i nostri due nomi, le nostre due famiglie, quasi fossimo i simboli di due idee contrapposte. E poi c’è stato anche una sorta di falso pudore nostro, per cui siamo rimaste a lungo lontane. Quel che posso dire ora è che forse, se avessimo fatto prima questo gesto, ci saremmo anche evitate molte sofferenze.
Lei ha fatto un percorso personale e umano molto intenso, di cui ha anche parlato in una precedente intervista a questo giornale: che passo nuovo nel suo percorso è avvenuto con l’evento di sabato?
Senz’altro un passo gigante, perché ho capito che si possono abbattere anche i tabù che sembrano apparentemente i più incrollabili. Ritornando alla questione del tempo passato, mi viene da dire che forse in un certo senso è necessario anche il tempo: negli anni di sofferenza una persona va al fondo delle questioni che lo tormentano. E a lungo andare la sofferenza non solo ti aiuta a capire, ma ti rende anche più morbido, più dolce. Allora puoi veramente arrivare a demolire certe barriere assurde; anzi, diciamo pure che tutto a un tratto ti accorgi che quelle barriere semplicemente non esistono. Questo è lo stesso percorso che penso abbia fatto anche la signora Pinelli, e quando ci siamo viste è stato facile guardarsi negli occhi, darsi la mani, darsi una carezza… Sì, è stata una cosa emozionante, che mi ha davvero riempito il cuore.
È certo un’emozione che ha toccato molti italiani. Qual è allora il significato anche pubblico di questo evento? Ci sono ancora episodi, come le scritte ieri a Torino, che ci ricordano che l’odio di quegli anni non è del tutto finito.
Io spero che il Paese sappia recepire nel modo giusto questa pacificazione. Certo, mi rendo conto che non tutti sono contenti di quello che è successo sabato, e non posso certo pretendere che altri facciano il percorso che ho fatto io e che ha fatto la signora Pinelli. Però possiamo almeno chiedere che le persone, come abbiamo fatto noi, si incontrino e siano capaci di superare le vicissitudini che si sono verificate a causa del terrorismo. Vorrei veramente che quello di sabato fosse un messaggio per tutti. Ho ringraziato tanto, e non smetterò di ringraziare il presidente della Repubblica Napolitano per averci dato quest’opportunità. Un’opportunità che noi abbiamo accolto, e che vorremmo fosse recepita da tutto il Paese.
Mi permetta ancora un’ultima domanda personale: che effetto le fa vedere anche suo figlio, dalla direzione di un grande giornale nazionale, trattare con tanta dignità un caso come questo che lo coinvolge personalmente?
Un’impressione grande, e veramente molto, molto positiva. Sono contenta per lui, innanzitutto per il grande prestigio del lavoro che svolge; e sono certa che saprà essere all’altezza dell’impegno che questo richiede. Quello che poi vedo e che mi riempie di gioia, anche nel modo con cui ha parlato di questo caso, è il fatto di scorgere in lui la stessa chiarezza, lo stesso impegno e la stessa onestà che aveva suo padre nel fare quello che faceva.