Il papa, che ha subito ringraziato il principe Ghazi Bin Talal, uno dei promotori della lettera dei 138 ulema ai leader cristiani “A common Word”, ha ricordato anche le “numerose iniziative” del re “per promuovere il dialogo e lo scambio interreligioso e interculturale”, iniziative “apprezzate dai cittadini del Regno Haschemita e ampiamente rispettate dalla comunità internazionale”.
“Non possiamo non essere preoccupati – ha rimarcato Benedetto XVI – per il fatto che oggi, con insistenza crescente, alcuni ritengono che la religione fallisca nella sua pretesa di essere, per sua natura, costruttrice di unità e di armonia, un’espressione di comunione fra persone e con Dio. Di fatto, alcuni asseriscono che la religione è necessariamente una causa di divisione nel nostro mondo; e per tale ragione affermano che quanto minor attenzione vien data alla religione nella sfera pubblica, tanto meglio è”. Ma, se “il contrasto di tensioni e divisioni fra seguaci di differenti tradizioni religiose, purtroppo, non può essere negato”, il pontefice denuncia a questo punto le “la manipolazione ideologica della religione” magari a fini politici, che fa da “catalizzatore” di “tensioni, divisioni, violenze”.
In questo contesto il pontefice ritiene “degna di plauso” la “decisione dei leader religiosi e civili giordani, di far sì che il volto pubblico della religione rifletta la sua vera natura”. E definisce “di gran merito le numerose iniziative di dialogo interreligioso sostenute dalla famiglia reale e dalla comunità diplomatica, talore – ricorda – intraprese in collegamento con il Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso”.
“La collaborazione realizzata qui in Giordania – afferma ancora Benedetto XVI – costituisce un esempio incoraggiante e persuasivo per la regione, in realtà anzi per il mondo, del contributo positivo e creativo che la religione può e deve dare alla società civile”.