Non solo una cena, ma lunghe e ripetute permanenze di Karima El Mahourug nelle ville del Presidente del Consiglio. Sarebbero le informazioni sulle celle agganciate dal cellulare di Ruby la principale prova acquisita dai magistrati di Milano contro Silvio Berlusconi. La tecnica è le stessa usata in molte indagini recenti, dal caso Sarah Scazzi alla scomparsa di Yara Gambirasio. La ricostruzione degli spostamenti della ragazza marocchina fornisce un calendario preciso di almeno 6 occasioni in cui Ruby fu ospite del premier. Giorno e notte.
In un caso Ruby rimase ad Arcore tre giorni consecutivi, dal 24 al 26 aprile scorsi: giorni in cui – ricordava già ieri il sito Dagospia – Berlusconi ospitava nella sua villa il primo ministro russo Vladimir Putin.
Non sarebbero quindi immagini e video registrati con i cellulari le prove centrali contro Silvio Berlusconi. La procura di Milano ne ha confermato l’esistenza, chiarendo però che non questi documenti a costituire «l’evidenza della prova», cioè l’elemento principale delle accuse a Berlusconi. Il prossimo passo per i magistrati sarà l’acquisizione delle carte del «ragioniere di Arcore», l’uomo che secondo le testimonianze si occupava del pagamento di Ruby e delle altre ragazze.
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È stata infatti perquisita la residenza di Giuseppe Spinelli, l’uomo che da anni amministra il portafoglio personale della famiglia Berlusconi. Secondo le indiscrezioni filtrate, dai suoi archivi risulterebbero decine di incontri tra il premier e Ruby.
Il Presidente del Consiglio intanto è intervenuto in propria difesa, criticando l’operato dei giudici. «Se volessi prendere sul serio un’iniziativa che seria in realtà non è, direi che si è superato ogni limite e che alcuni magistrati che non potrebbero neppure indagare per ragioni di competenza funzionale e territoriale stanno tentando di sovvertire le regole fondamentali della democrazia».
Ma mentre Berlusconi aggiunge che «non vede l’ora di difendersi in aula» in suoi avvocato hanno avanzato l’ipotesi che la procura di Milano non sia competente sul caso in questione: «Dalla lettura dell’atto notificato si può evincere come la Procura di Milano stia procedendo nei confronti del presidente Berlusconi in maniera non conforme alla normativa vigente», spiegano Nicolò Ghedini e Pietro Longo.
Tra le perone coinvolte nel caso figurano anche Lele Mora ed Emilio Fede. Il giornalista ha annunciato ieri durante la conduzione del telegiornale di essere disposto a «lasciare la direzione del Tg4» qualora le ipotesi di reato fossero confermate.