Claudio Magris, sul Corriere della Sera, aveva parlato dell’ennesima tragedia in mare, quella del peschereccio naufragato al largo delle coste della Libia. I migranti inghiottiti dai marosi erano «in cerca di salvezza o – scriveva Magris – di una sopravvivenza meno miserabile». Le morti di chi perde la propria vita in mare è quella di uomini «spesso anonimi e ignoti», ma non per questo «meno dolorose», aveva aggiunto spiegando che, ormai, non si tratta «più un’eccezione sia pur frequente, bensì una regola», una «cronaca consueta» che «non desta più emozioni collettive», ma suscita un’«assuefazione che conduce all’indifferenza». Ecco: secondo il capo dello Stato, è proprio l’indifferenza «la soglia che non può e non deve essere varcata». In una lettera in indirizzata a Magris, Giorgio Napolitano ha risposto: «Lei ha spiegato con crudezza come miseria della condizione umana l’acconciarsi a convivere con quella che diviene orribile “cronaca consueta”. Ma se in qualche modo è istintiva l’assuefazione, è fatale anche che essa induca all’indifferenza? A me pare sia questa la soglia che non può e non deve essere varcata». Secondo Napolitano, se la «democrazia è tale in quanto sappia “mettersi nella pelle degli altri, pure in quella di quei naufraghi in fondo al mare”», è allora necessario «scongiurare il rischio di ogni scivolamento nell’indifferenza, occorre reagire con forza – moralmente e politicamente – all’indifferenza: oggi, e in concreto, rispetto all’odissea dei profughi africani in Libia, o di quella parte di essi che cerca di raggiungere le coste siciliane come porta della ricca – e accogliente? – Europa».
Il presidente, poi, rivolge parole molto dure a chi gestisce e organizza le partenze dei migranti «su vecchie imbarcazioni ad alto rischio di naufragio, di folle disperate di uomini, donne, bambini». Costoro compiono un «crimine» di fronte a cui «la comunità internazionale e innanzitutto l’Unione Europea, non possono restare inerti».