Dopo quindici anni è stata emessa la sentenza riguardo la tremenda uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito di mafia Santino, prima rapito nel 1993 e poi strangolato e sciolto nell’acido nel 1996: dopo quattro ore di camera di consiglio, i giudici hanno condannato all’ergastolo il boss latitante Matteo Messina Denaro, Francesco Giuliano, Luigi Giacalone, Giuseppe Graviano e Salvatore Benigno. E’ stato condannato a 12 anni anche il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza, a cui è stata riconosciuta l’attenuante generica della collaborazione, mentre la corte d’assise ha anche riconosciuto una provvisionale di 50 e 80 mila euro al fratello e alla madre del piccolo Giuseppe, che si sono costituiti parte civile nel processo. Per Spatuzza, che si è sempre autoaccusato del sequestro, la procura aveva chiesto inizialmente dieci anni di reclusione, ma i giudici hanno poi accolto la richiesta del pm Fernando Asaro che chiedeva un aumento di pena fino a dodici anni. Lo stesso Asaro aveva spiegato il movente del rapimento e dell’uccisione del bambino ai giudici della corte d’assise di Palermo: «Di Matteo venne rapito e ucciso per contrastare la dilagante emorragia di collaboratori di giustizia e lui era l’anello più debole per colpire il sistema dei pentiti. Il piccolo Giuseppe Di Matteo non solo venne privato della sua infanzia ma fu torturato dai suoi aguzzini che prima lo sequestrarono e dopo 779 giorni di prigionia lo uccisero strangolando un corpicino ormai inerme e poi lo sciolsero nell’acido». Spatuzza e gli altri si travestirono da poliziotti e rapirono il ragazzino il 23 novembre 1993, dicendogli che lo avrebbero portato dal padre. A dicembre del 2010 lo stesso Spatuzza chiese perdono alla famiglia di Giuseppe, continuando però a dire di non aver preso parte all’omicidio: «Noi siamo moralmente responsabili – aveva detto Spatuzza – della fine di quel bellissimo angelo a cui abbiamo stroncato la vita. Anche se non l’abbiamo ucciso, io e i miei coimputati siamo colpevoli del sequestro, ma anche della morte del ragazzino e ne daremo conto, non solo in questa vita, ma anche domani dove troveremo qualcuno ad aspettarci».
Franca Castellese, la madre del piccolo Giuseppe, rispose immediatamente: «Non sono disposta a perdonare nessuno degli assassini di mio figlio, un bambino innocente che è stato sequestrato, torturato, oltraggiato anche dopo la sua morte. Come posso perdonare?».