La procura di Taranto ha trasmesso nella giornata di ieri alla Corte Costituzionale un ricorso contro il cosiddetto decreto “salva Ilva” (decreto legge 207), sollevando una questione di conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. A confermarlo è stato il procuratore della città pugliese, Franco Sebastio. Il decreto, già convertito dal Parlamento in legge il 20 dicembre scorso, ancora non è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale: quando questo accadrà, riferiscono fonti giudiziarie, e quando dunque il decreto sarà legge a tutti gli effetti, allora la procura di Taranto dovrebbe lanciare una seconda offensiva basata sugli stessi motivi. Secondo i magistrati, il governo avrebbe di fatto interferito con l’indagine in corso per disastro ambientale, con cui si è arrivati il 26 luglio scorso al sequestro degli impianti dell’area a caldo stabilito da Patrizia Todisco, giudice delle indagini preliminari, e sempre il governo avrebbe quindi anche impedito l’esercizio dell’azione penale. Inoltre, quello del conflitto di attribuzione alla Consulta potrebbe essere solo una delle due mosse pensate dalla Procura di Taranto, la quale intende anche sollevare l’eccezione di incostituzionalità sulla legge: questo potrebbe avvenire già l’8 gennaio prossimo, quando si discuterà del ricorso col quale l’Ilva ha chiesto al Tribunale dell’appello il dissequestro delle merci bloccate (del valore di un miliardo di euro) a fine novembre in modo da poterle commercializzare. Diversamente dal conflitto di attribuzione, infatti, l’eccezione di incostituzionalità, per essere sollevata, ha bisogno di una sede tecnica. Il decreto legge in questione è stato firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il 3 dicembre scorso e contiene “disposizioni urgenti a tutela della salute, dell’ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”. Di fatto il testo permette allo stabilimento siderurgico tarantino di continuare a produrre e a commercializzare i prodotti finiti e semilavorati, anche prima dell’entrata in vigore del decreto legge, nonostante sia stato deciso il sequestro giudiziario. 



Anche lo stesso presidente Giorgio Napolitano ha di recente dichiarato che il decreto in questione “bilancia” diritti fondamentali come salute, ambiente e lavoro.

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