Una leggera nebbia accompagna il viaggio da Modena a San Felice e Finale Emilia, i due comuni della bassa colpiti dal terremoto. Già a Bomporto, paese della provincia emiliana, si intravedono i primi segni della scossa che ha “vibrato” nel cuore della notte: famiglie intere radunate ai margini della strada o in macchina. La notte l’hanno trascorsa fuori dalle mura di casa che in più di una occasione hanno oscillato. Le parole sono le stesse per tutti: abbiamo avuto paura, ma siamo qui. Vivi. Man mano che la distanza dall’epicentro del terremoto si riduce aumenta il numero delle abitazioni che raccontano i segni della violenta scossa. Tetti distrutti, pezzi di cornicioni che invadono le vie delle frazioni. L’arrivo a San Felice Sul Panaro… Nell’aria anche un po’ di odore di gas. I residenti per strada a piedi con in mano una coperta e una bottiglia d’acqua in cerca dell’amico o in bicicletta con il cellulare in mano per immortalare una delle tante Chiese in parte o totalmente demolite dal terremoto. La macchina dei soccorsi è già all’opera. Il centro del paese è off limits a tutti. La Rocca, le chiese e altri edifici potrebbero perdere altri pezzi. Nel frattempo gli anziani che erano ospiti delle strutture sono stati evacuati e sistemati temporaneamente in edifici più sicuri. L’auto della polizia municipale fa il giro delle strade cittadine, all’interno dell’abitacolo dell’auto il vigile con il megafono invita i cittadini a prendere solo il necessario dall’interno della propria casa e poi abbandonarla. Tutto deve essere fatto molto in fretta, in tarda mattinata è attesa un’altra scossa. L’operazione dei residenti è fonte di agitazione. Ancora nessuno vi aveva messo piede dalle 4.05, l’ora della fuga, scalzi o in ciabatte… di sicuro in pigiama. Il rientro è scioccante: vetri di bicchieri rotti sparsi ovunque, televisori a terra, librerie appoggiate sopra il divano, frutta e verdura sparsa per la cucina. Gli arredi del bagno e della sala invado le stanze. Prima di sistemare però è necessario il via libera della protezione civile e dei vigili del fuoco.
A Finale Emilia le scene non sono diverse. La gente che guarda attonita la Torre dell’Orologio spezzata in due, a metà. E il Castello, simbolo del paese e amato da tutti. Anche qui i volontari allestiscono un campo medico e poi una cucina. E’ necessario distribuire i pasti: 60 in un’ora dicono.
In tanti cercano rifugio presso i familiari che risiedono a Modena e li a presso. Ma in mezzo a tutto il caos di gente che si racconta i secondi vissuti come una eternità c’è chi sistema le aiuole che fanno da arredo all’ingresso del proprio negozio e dice “non possiamo perdere troppo tempo. Bisogna rimboccarsi le maniche e ricostruire quel che il terremoto ha distrutto”.
(Maria Elena Mele)