Serrata in vista per le farmacie che il 26 luglio, con tutta probabilità, non alzeranno le saracinesche. È quanto ha fatto sapere ieri la presidente Federfarma, Annarosa Racca, durante il consiglio di presidenza: la protesta dei farmacisti si oppone ai tagli alla sanità, e in particolar modo alla spesa per i farmaci, previsti dal decreto legge sulla spending review. Secondo Federfarma, le sforbiciate del governo non permetterebbero di sopravvivere oltre ottobre alle molte farmacie che basano il loro fatturato solo sul Servizio sanitario nazionale. Le misure contro cui punta il dito Federfarma prevedono anche per la farmaceutica territoriale un nuovo tetto di spesa pari all’11,5% della spesa sanitaria complessiva, rispetto al precedente 13,3%, e per la farmaceutica ospedaliera un nuovo tetto del 3,2%, rispetto al precedente 2,4%. La presidente Racca annuncia inoltre che se il governo non tornerà sui suoi passi saranno probabili altre giornate di sciopero sino alla disdetta della convenzione con il sistema sanitario nazionale.
«Capisco la reazione di Federfarma», dice Paolo Gradnik, presidente della Fondazione Banco Farmaceutico, «perché questo è il quarto provvedimento in un anno che colpisce la categoria. Dietro un nome anglosassone fantasioso e accattivante si nascondono, di fatto, tagli indiscriminati. Immaginavo che spending review significasse verificare più che altro diseconomie nella pubblica amministrazione: un’analisi seria di efficientamento come quelle che vengono svolte dalle aziende, volte a comprimere i costi per essere più competitive. Purtroppo non è così e scopriamo che, nel settore farmaceutico, e specialmente nel comparto ospedaliero, si verifica una spesa fuori controllo da anni. E non esiste neppure un organismo che la tenga sotto controllo perché non c’è un sistema che ne garantisca la gestione. La risposta del governo è invece stornare risorse dalla farmaceutica territoriale, quella cioè più vicina ai cittadini e sulla quale si attua un monitoraggio mensilmente attento. Evidentemente essere efficienti in Italia è un difetto più che un plus».
Ma il danno maggiore ai cittadini arriverebbe dalla sospensione della convenzione con il Servizio sanitario nazionale. «Spero che non si arrivi a tanto», auspica Gradnik. «Tecnicamente, si andrebbe verso un sistema indiretto: il malato pagherebbe di tasca propria i medicinali di cui ha bisogno e, in seguito, il Servizio nazionale provvederebbe al rimborso. Questo è un metodo già largamente collaudato in Francia. Peccato, però, che Oltralpe il sistema sia efficientissimo e rimborsi entro 24 ore. In Italia non riesco a immaginare che possa accadere altrettanto».
Federfarma ha anche calcolato gli effetti economici della spending review che, per il 2013, determinerà un taglio medio di 40mila euro a farmacia, il costo di un dipendente. Di conseguenza, si prevede una perdita del lavoro per circa 20mila lavoratori del comparto, su un totale di circa 64mila. «Le cifre sono assolutamente credibili», conclude Gradnik, «senza dubbio l’80% dei costi fissi di una farmacia è costituito dal personale. In una situazione di crisi economica e per evitare di portare i libri in tribunale, l’unica scelta è tagliare proprio i dipendenti».
(Federica Ghizzardi)
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