La IV sezione della Corte d’appello del tribunale di Milano ha condannato a dieci anni di reclusione Nicolò Pollari, l’ex direttore del Sismi (servizi segreti italiani) per la vicenda del sequestro dell’ex imam di Milano, Abu Omar, avvenuto nel capoluogo lombardo il 17 febbraio del 2003. Gli stessi giudici hanno anche condannato a 9 anni di reclusione Marco Mancini, ex numero due del Sismi, e altri tre imputati (Raffaele Di Troia, Luciano Gregorio e Giuseppe Ciorra) a sei anni. Il sostituto pg di Milano, Piero De Petris, aveva chiesto dodici anni per Pollari, dieci anni per Mancini e otto anni per gli altri tre imputati. La vicenda riguarda il rapimento dell’ex imam Abu Omar, avvenuto nell’ambito della cosiddetta operazione di “rendition”: il religioso ha raccontato di essere stato torturato nel corso degli interrogatori e di essere stato detenuto per anni senza che gli venisse formalizzata alcuna accusa. A quel tempo l’imam era imputato a Milano per terrorismo internazionale. Il primo febbraio scorso, invece, a conclusione dell’appello “stralcio” nel procedimento per il sequestro dell’imam, la corte d’Appello di Milano ha condannato a sette anni di reclusione l’ex capo della Cia in Italia, Jeff Castelli. “Sono sconcertato, è stata condannata una persona che tutti in Italia sanno essere innocente”, ha dichiarato Nicolò Pollari, commentando la sentenza di Milano che lo condanna a 10 anni di reclusione. “Non voglio fare paragoni – ha poi proseguito – ma ricordo che anche Tortora fu condannato a 10 anni. Come si faccia con serenità a condannare un innocente, che tutti sanno essere tale, è pazzesco. Che razza di esercizio è condannare un innocente?”, afferma Pollari. “Io non solo sono estraneo a queste cose – ha poi aggiunto – ma le ho impedite. Quindi non solo sono innocente, ma sono di più e il segreto di Stato prova la mia innocenza, non la mia colpevolezza”. Secondo Pollari, “lo stesso governo ha messo per iscritto che queste attività sono istituzionali e quindi sono lecite”.
“La cosa che davvero mi sconcerta molto – ha quindi concluso – è che in questo processo, segreto di Stato a parte, non sono mai stato messo in condizione di difendermi: non mi è stato consentito neanche di sentire un testimone. Perché? È una domanda alla quale non so rispondere e che dovreste fare ad altri”.