Quel che è certo è che con il nuovo Papa non mancheranno le sorprese. Nalla prima messa celebrata nella cappella Sistina ha deciso di prescindere dal prassi e, invece, della tradizionale allocuzione in Latino, ha preferito parlare a braccio, in Italiano. Gli elementi di rottura, tuttavia, se ci saranno, saranno sul fronte del protocollo e delle tradizioni esteriori (ha rinunciato alla croce d’oro, per tenersi la sua di ferro e pare che il suo anello del pescatore potrebbe essere del medesimo metallo). Possiamo stare certi che sul fronte della dottrina persisterà nell’assoluta ortodossia. Proprio nella sua prima omelia ne abbiamo avuto un assaggio. «Se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore». Sappiamo, del resto, che in Argentina si è a lungo battuto contro la legalizzazione dei matrimoni gay, mentre si è sempre dichiarato contro l’aborto, l’eutanasia e qualsivoglia deriva eugenetica.
Del nuovo Papa quell che più colpisce, in ogni caso, è lo stile pastorale. Sembra che agli assistenti che gli spiegavano, il giorno dopo l’elezione, che era tempo di andare dal sarto, abbia risposto: “prima, si prega”. E così è stato. Si è recato nella chiesa di Santa Maria Maggiore dove, a detta dei presenti, sembrava che fosse sempre stato Papa. E che, più che un papa, sembrava un padre.
Ortodossia e semplicità, quindi. Da dove provengono, allora,le maldicenze circa la deriva in favore della teologia delle liberazione? Banalmente, dal suo radicale attaccamento e alla sua dedizione agli ultimi. In un video amatoriale del 5 aprile 2012, lo vediamo praticare il rito della lavanda dei piedi a dei poveri del quartiere di i Bajo Flores a Buenos Aires alla casa “Don Bosco”, che si occupa di ragazzi che cercano di uscire dal tunnel della droga.