Veronica Panarello, la donna accusata di aver ucciso suo figlio Loris Stival, “è distrutta e pesa 38 chili”. A dirlo è il suo avvocato, Francesco Villardita, intervenuto alla trasmissione “Effetto Notte le notizie in 60 minuti” su Radio 24. “Si professa sempre innocente, continua a combattere e continuerà – ha spiegato ancora il legale – solo che sotto il profilo fisico ovviamente è una donna distrutta. Lascio solo immaginare in quali condizioni fisiche e psicologiche può trovarsi una persona che arriva oggi a pesare 38 chili, e ne ha perduti nove… Per la scomparsa del figlio, per non poter vedere l’altro figlio e per essere privata della sua libertà personale”.
Sono state depositate ieri le motivazioni con le quali il tribunale del Riesame ha detto no all’istanza di scarcerazione per Veronica Panarello, accusata del delitto del figlio Loris Stival avvenuto lo scorso 29 novembre. Il suo avvocato Francesco Villardita ha studiato le 109 pagine scritte dal giudice e parla di “vizio di illogicità insuperabile”. “Nelle motivazioni si parla di dolo d’impeto con il quale la donna avrebbe ucciso il figlio. Ma come si concilia il dolo d’impeto con la dinamica criminosa che viene ricostruita dai giudici? Loro dicono che Veronica Panarello esce di casa quella mattina per andare a scuola con i due figli, come al solito. Ma quel giorno succede qualcosa tra lei e Loris, tanto che il bambino torna a casa. A questo punto la signora Panarello decide che ucciderà Loris e va a fare un sopralluogo al canalone, dove ha programmato che getterà il corpo. Poi torna a casa, ammazza il figlio e completa il suo disegno criminoso”, dice il legale, che aggiunge: “Le modalità con le quali Veronica Panarello avrebbe ucciso il figlio sarebbero programmate, studiate a tavolino, e nulla hanno a che spartire con il dolo d’impeto. Questo passaggio rappresenta un vizio di illogicità insuperabile”. Intanto sono tante le ragioni per cui la donna 26enne deve rimanere in carcere, fissate nelle motivazioni presentate ieri alle 12.50: dal pericolo di fuga a quello di inquinamento delle prove o al rischio che commetta un nuovo omicidio. Secondo il giudice “sussiste il rischio di recidivanza”. La donna, scrivono i giudici, ha “un’odiosissima crudeltà e assenza di pietà” nell’uccisione con “una totale incapacità di controllo della furia omicidiaria”. (Serena Marotta)