Sedici mesi, la capacità di camminare a malapena e probabilmente anche quella di parlare: Mohammed Shohayet era un bambino di poco più di un anno che, invece di stare a giocare con i suoi coetanei, è stato strappato alla vita mentre con la famiglia tentava di superare il confine della Birmania per arrivare in Bangladesh. Morto annegato nel fiume Naf, come mostra quella foto che ricorda troppo Aylan Kurdi, un altro corpicino innocente che non è sopravvissuto alle acque del mare che separano la Turchia dalla Grecia. La famiglia di Mohammed, che fa parte dell’etnia Rohyngya – minoranza di religione musulmana che abita in Birmania – stava cercando di scappare dal fuoco dei soldati del paese di Aung San Suu Kyi, attivista per i diritti umani e adesso Consigliere di Stato. “Nel nostro villaggio gli elicotteri ci hanno sparato contro e poi i soldati birmani ci hanno sparato contro. Non potevamo restare nella nostra casa. Abbiano dovuto scappare e nasconderci nella giungla”, ha detto alla Cnn Zafor Alam, padre del piccolo Mohammed. Lui riesce ad arrivare al fiume che separa la Birmania dal Bangladesh e che ogni anno molti Rohyngia cercano di attraversare per scappare alla persecuzione dei militari birmani: riesce a farsi aiutare da un pescatore, che va ad aiutare altre persone che si trovavano in acqua, tra cui il piccolo e la sua famiglia. Non ci riesce. Affonda. Il piccolo muore annegato.
I Rohingya sono una delle minoranze etniche più perseguitate al mondo: di fede musulmana, la maggior parte di loro vive in Birmania, mentre altri si dividono tra i campi profughi della Thailandia e del Bangladesh. L’ipotesi più accreditata è che vengano in origine proprio da quest’ultimo paese e che si siano spostati durante il dominio britannico. La maggior parte dei Rohingya è costretta a vivere in campi profughi, non può possedere nulla – soprattutto case o terreni – non può viaggiare se non è in possesso di uno speciale documento rilasciato dal governo e non può avere più di due figli per famiglia. Nel 2014 il governo Birmano ha vietato l’utilizzo della parola Rohingya e gli appartenenti a questa minoranza sono costretti a professarsi bengalesi e registrarsi come tali. Più volte è stato chiesto dalle Nazioni Unite alla Birmania di rispettare i diritti umani dei Rohingya ma, per adesso, gli appelli sono rimasti inascoltati: la foto del piccolo Mohammed Shohayet ne è il triste esempio.